Non cè pace per Michelangelo Merisi detto il Caravaggio (1571-1610). Né da vivo né da morto. Anzi è proprio la morte del pittore a essere rimessa in discussione. Tanto da finire vittima di una congiura. Di più: un «omicidio di Stato». Spenti i riflettori sulle celebrazioni per i 400 anni della morte, è uno studio dello storico napoletano Vincenzo Pacelli a riportare lattenzione sulla biografia dellartista. Con una tesi, basata su documenti rinvenuti nellarchivio Vaticano e nellArchivio di Stato, che contraddice lannuncio trionfale del ritrovamento un anno fa a Porto Ercole delle sue ossa (vidimato per altro dallo studio del Dna). E punta a scardinare convinzioni secolari sul luogo e, soprattutto, sulle cause della sua morte. Secondo Pacelli infatti Caravaggio non è morto a Porto Ercole, bensì a Palo, a pochi chilometri da Civitavecchia, che allepoca era lapprodo principe per chi si recava a Roma. E la sua sarebbe stata una morte violenta. A organizzare lagguato niente meno che «lOrdine di Malta, per loffesa arrecata a un potente cavaliere. E i cavalieri contavano pure sul tacito assenso della Curia romana».
Ma veniamo ai fatti, che lo studioso - da anni critico verso la vulgata - racconta in un capitolo de Michelangelo Merisi detto Caravaggio tra arte e scienza (PaparoEditore). Con certezza Caravaggio partì da Napoli dirigendosi a Roma. Sperava di ottenere la grazia per la condanna a morte che da anni pendeva sul suo capo. Era il luglio del 1610 quando si imbarcò. Con sé aveva tre tele destinate al cardinal Scipione, che avrebbe dovuto aiutarlo a ottenere il perdono del Pontefice. Invece a Roma non arrivò mai. La storiografia ufficiale lo dice morto di malattia a Porto Ercole. Ma in quella storia, secondo Pacelli, qualcosa non quadra. Tanto più che tra Palo, dove sicuramente Caravaggio è approdato (ci sono documenti che attestano un suo arresto) e Porto Ercole ci sono cento chilometri, «allora disseminati di paludi». Tanto più che da quel momento le fonti ufficiali, sostiene il professore, «rivelano molte contraddizioni». Come è significativo, al contrario secondo lui, che Giulio Mancini, medico di Caravaggio, scrive che il pittore è morto a Civitavecchia, «ma su quel documento il termine è cancellato e poi da altri corretto in Porto Ercole».
Chi avrà ragione? Beh se ce lavesse Pacelli, con le sue tesi complottiste, bisognerebbe ripensare seriamente alla validità del test del Dna sui reperti antichi...
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