A suo modo è già il caso letterario della stagione. È il nuovo romanzo di Tom Wolfe, in uscita a fine mese negli Stati Uniti e ieri lanciato da una corposa anticipazione sull'edizione americana di Vanity Fair. S'intitola Back to Blood, è lungo 700 pagine ed è già stato preventivamente stroncato, questa primavera, dal New York Times che nella «Book Review» ha scommesso sul disastro letterario dell'ultima fatica del venerato maestro, oggi ottantunenne: «una sterminata social novel che sarebbe potuta essere stata prodotta in serie da un cyborg di Tom Wolfe». Per i critici americani Back To Blood è la prova per capire se Wolfe ha ritrovato lo smalto del passato oppure se il suo astro è ormai definitivamente in declino, come ha scritto qualcuno.
In realtà, a giudicare dalle pagine pubblicate da Vanity Fair - una quindicina - il ritorno del Principe in bianco dopo otto anni dall'ultimo romanzo, Io sono Charlotte Simmons, è di quelli destinati a lasciare il segno. Il brano, intitolato «The running of the Billionaires», è un pezzo-capolavoro, un Tom Wolfe d'annata, in bilico tra Radical chic (1970) e il devastante pamphlet Come ottenere il successo in arte (1975): il racconto impietoso, in stile new journalism, dello stato, e dello status soprattutto, dell'arte. Cioè del rapporto perverso tra creatività, denaro, intellighenzia, volgarità, potere e l'ossessione sociale dell'apparire. Ambientato dentro il «Miami Beach Convention Center», invaso da uno sciame di super-ricchi a nove cifre, il «pezzo» di Tom Wolfe dipinge l'incanto malefico della «Miami Basel», appendice latino-americana della celebre fiera d'arte moderna e contemporanea che dal 1970 si svolge ogni anno a Basilea, in Svizzera: un verminaio kitch e volgarissimo di vecchi multi-milionari in t-shirt e sneakers che prendono d'assalto la fiera, come la folla dei malati di shopping aggredisce i magazzini Macy's nelle svendite post-natalizie. Con l'unica differenza delle cifre che possono permettersi di spendere.
Accompagnati dai loro A.A., gli art adviser, i consiglieri personali per gli acquisti, un tycoon americano e un oligarca russo fanno a gara per accaparrarsi una collezione di pezzi di arte concettuale erotica, mentre una giovane americana di origini cubane spilucca il primo assaggio di isteria nel multi-milionario mondo dei folli acquisti dell'arte contemporanea, «esterrefatta da come così tanti pezzi possano essere venduti in così poco tempo». È la fiera delle vanità in salsa commerciale. Dalla Conceptual art alla commercial art. Perché «alla Miami Basel devi essere veloce: See it, like it, buy it. Fine della storia». Retropensiero della sconfortata art adviser, che mentre i multimiliardari corrono verso gli stand dei loro sogni, sente un visitatore cercare «qualcosa all'avanguardia, come Cy Twombly...»: «Ma Cy Twombly era all'avanguardia negli anni Cinquanta... è morto un paio di anni fa... molti dei suoi contemporanei sono già morti... Non sei all'avanguardia se la tua intera generazione è morta o sta morendo. Puoi essere grande, puoi esser iconic..., come è Cy, ma non all'avanguardia...». Qualsiasi cosa iconic voglia dire.
Per il resto il romanzo Back to Blood, che negli Stati Uniti esce da Little Brown dopo un costoso divorzio tra Tom Wolfe e Farrar Straus & Giroux, che dal 1965 aveva pubblicato tutti i suoi 13 libri (e che in Italia sarà pubblicato in primavera da Mondadori), da quel poco che si sa è ambientato nella Miami più kitch e melting pot si possa immaginare (dove una generazione di immigrati ha abbattuto ormai l'angloegemonia) e vede come protagonisti un poliziotto cubano di seconda generazione, una giovane infermiera di origini cubane, uno strano giornalista, un medico immigrato francese, un miliardario porn-addicted, spacciatori di crack e - appunto - gli artisti concettuali della «Miami Art Basel». Come l'immaginario e immaginifico Doggs, che per creare si rifiuta di usare le mani. Tanto bastano le idee, una teoria... Poi il critico giusto si troverà.
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