Curiosa contraddizione di una giornata che dovrebbe essere di assoluto riposo ed elegante understatement, Ferragosto si è trasformato ormai in un momento di massima esposizione e frenetica visibilità. Carovane, selfie, urla, tacchi, dadi e pattìni.
E sì che feriae Augusti, volgarmente «Ferragosto», è - per volere prima imperiale, poi religioso - la “festa delle ferie” per eccellenza, la festa principe in un mese di festa, la festa della gita di famiglia, del relax, dell'assenza. Assenza di preoccupazioni, impegni, protagonismi. Invece ormai una celebrazione dell'essenza. Una festa di se stessi. Un carnevale da spiaggia ininterrotto. Un cafonal lungo 24 ore, dalla battigia al barbecue, in bikini fucsia e canotta bianca. Un party chiassoso, dall'alba al tramonto, in cui non si sa più cosa si festeggia, se non l'obbligo di festeggiare. Di solito esagerando.
Ecco. E se provassimo ad abbassare i toni? E non solo quelli acustici... Se provassimo a rallentare i ritmi, a ridurre il fracasso, a smorzare le tinte flou, a spegnere lo smartphone, o almeno metterlo in stand by? Invece dei costumi panterati possiamo provare un discreto due-pezzi bianco, possibilmente non trasparente. Invece dei sandali alla schiava in oro e pedicure multicolor, delle minimali infradito in cuoio. Invece di ingozzarsi a torso nudo, perché non pranzare in camicia leggera? E sul prendisole degli yacht è davvero obbligatorio ballare come sui cubi in discoteca?
Modesta proposta ferragostana: nel menu, invece di piccione arrostito, gelu di muluna, fettuccine ai fegatelli, zitoni con salsiccia e provola e babà, proviamo a preparare un riso o una pasta fredda. Risparmieremmo calorie, e guadagneremmo in semplicità. Se poi, in spiaggia o fuori porta, invece di vaschette di alluminio, usassimo un «lunch box» di design, beh, anche in eleganza.
L'importante, comunque, è la moderazione. Che non vuole dire sobrietà, parola insopportabile che ricorda un vecchio governo rapace. Ma semmai trovare i «modi giusti», nel posto adeguato, con i tempi corretti. Ricordando sempre che Less is more. Che significa sì: «meno è meglio», ma soprattutto si traduce nel togliere - con intelligenza e con gusto - ciò che va tolto. Mai aver paura di tagliare. Potando, le piante diventano più belle.
Quindi: meno bigiotteria addosso, meno centimetri di tacco, meno pelle nuda a vista, meno grassi in tavola, meno tacche della suoneria sul cellulare, meno vezzi da teenager se siete una signora, meno arie da signora se siete teen. Meno show. Più slow. Almeno a Ferragosto - il giorno di festa più regale, avendolo istituito due millenni fa un Imperatore, Augusto - proviamo, come si dice, a “tenere insieme i pezzi”, e non parliamo del sopra e del sotto del bikini. In Inghilterra, dove sono gentleman, si dice «decluttering». È l'arte di ridurre l'eccesso, di ridimensionare.
E non si tratta solo di consumi. Ridurre significa fare spazio. Anche mentale ed emotivo.Poi, il giorno dopo, passata la festa, ognuno può rimane quello che era. Anche il Ferragosto più esagerato, per fortuna, dura solo 24 ore.
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