«Tamtum (sic) Ergo a voce sola di Basso Del M.o Verdi», così è scritto sul frontespizio di una meraviglia della primavera bicentenaria: un inedito lavoro sacro di Giuseppe Verdi ritrovato nella Biblioteca comunale della deliziosa cittadina ligure di Finalborgo.
Secondo quanto annunciato dal direttore della Mediateca finalese, Flavio Menardi, che lo ha studiato insieme a un docente di composizione, Italo Vescovo, si tratterebbe di un Tantum Ergo, inno liturgico, sul cui testo attribuito a San Tommaso d'Aquino si sono esercitati alcuni dei maggiori operisti anche nel primo Ottocento: Rossini, Mercadante, Bellini. Il documento, dice Menardi, «si compone di una partitura di 9 carte scritte sul recto e sul verso, rilegate con filo nero; manca l'ultima carta, la decima, ma la composizione si completa grazie alla presenza delle parti singole del Basso cantante e degli strumenti».
L'indagine su come l'opera sia arrivata a Finale Ligure assume i contorni del giallo. Giuseppe Verdi, è noto, svernò per decenni a Genova, soggiornando prima a Villa Sauri e poi a Palazzo Doria. Secondo gli scopritori del manoscritto, a Genova Verdi incontrò e frequentò alcuni personaggi legati in qualche modo alla cittadina del Ponente ligure, quali, per esempio, il celebre violinista - allievo prediletto di Paganini - Camillo Sivori, al quale è dedicato il Teatro Civico di Finalmarina.
Fra gli juvenilia verdiani, dei quali sta curando la pubblicazione dell'edizione critica per conto dell'Università di Chicago lo studioso e organista di Busseto Dino Rizzo, sono noti ben tre Tantum ergo a voce sola con accompagnamento d'orchestra, uno dei quali datato 1836. Secondo Menardi: «Si tratterebbe di una breve composizione di cinque o sei minuti, un Tantum Ergo che dovrebbe risalire al 1839. Sicuramente di Verdi perché all'interno troviamo un tema utilizzato per una sua romanza da salotto intitolata L'esule». Dino Rizzo da noi interpellato ci ha gentilmente informato di essere a conoscenza di questa fonte, di cui ha potuto consultare alcune fotocopie. Sicuramente, per Rizzo, si tratta di un manoscritto non autografo, ma coevo. Ulteriori congetture sulla provenienza della copia potrebbero essere formulate direttamente dalla consultazione e dallo studio della carta del manoscritto. Sulla paternità di Verdi bisogna andar cauti, «perché era prassi comune all'epoca riutilizzare temi operistici di successo per composizioni religiose». Oppure potrebbe trattarsi di una composizone liturgica scritta da Verdi dopo il 1836 nell'esercizio delle sue funzioni di maestro di musica comunale a Busseto - il posto gli era stato assegnato, dopo il suo ritorno dagli studi privati a Milano, nonostante l'opposizione delle autorità ecclesiastiche locali. Anche la pratica del riciclaggio «profano» di composizoni sacre precedenti non era inconsuenta ai maestri dell'epoca. Dunque, il fatto che sia presente un tema della lirica da camera L'esule (pubblicata nel 1839 su testo di Jacopo Vittorelli, poeta arcade soprannominato la scimmia del Metastasio) è soltanto un elemento indiziario, sebbene di un certo interesse.
Comunque, nel 1853, Verdi scrisse una lettera a Isidoro Cambiasi riferendosi alle esperienze compositive della sua giovinezza, in gran parte andate distrutte dallo stesso compositore. La lettera, di cui trovate un ampio stralcio in questa pagina, offre altri indizi: «Ritornato in patria ricominciai a scrivere Marcie (sic), Sinfonie, pezzi vocali etc. una Messa intiera, un Vespero intiero, tre o quattro Tantum ergo ed altri pezzi sacri che non ricordo».
Una prima esecuzione del brano riscoperto a Finalborgo, si terrà il 30 luglio prossimo nella Basilica di San Giovanni Battista a Finalmarina. «Sarà un'anteprima mondiale», conclude Menardi. «Abbiamo già ascoltato il brano al pianoforte e riprodotto al computer e possiamo dire che si riconosce e si intrasente la mano del grande Maestro».
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