Cultura e Spettacoli

"Grazie a tutti per il mio libro" Ecco il narcisismo d'autore

Aulici, enigmatici, ruffiani, mammoni e persino vendicativi: i ringraziamenti sono lo specchio che riflette il carattere degli scrittori. E le loro vere aspirazioni

"Grazie a tutti per il mio libro" Ecco il narcisismo d'autore

Dimmi come ringrazi e ti dirò chi sei. Macché quarta di copertina, macché fascetta pubblicitaria, la vera spia della vanagloria di uno scrittore (con la «s» maiuscola o minuscola) sono i ringraziamenti che compaiono all'inizio o alla fine del libro, passano di norma indenni dal controllo degli editor e restano, succulenta autodenuncia del Narcisismo Autoriale. Ad esempio, uno come Roberto Saviano, nel suo ultimo (non)romanzo ZeroZeroZero si espone così: «Ringrazio Bono Vox, per aver ascoltato lì queste storie quando ne ero ancora avvolto e per un perenne invito aperto ai concerti degli U2». Tra namedropping, invito ai concerti e l'espressione «ne ero ancora avvolto», è già tutta una dichiarazione di etica e poetica: narcisismo, come direbbero a Roma, a mijardella. E che dire di Massimo Gramellini? L'autore dello stravenduto Fai bei sogni, nel ringraziamento-spiegone racconta del suo arrivo alla Longanesi per discutere il libro: «Mentre narravo gli avvenimenti la stanza di Giuseppe ha cominciato a riempirsi di editor: Alessia, Fabrizio, Guglielmo e alla fine tutti avevano gli occhi lucidi». E mentre quasi quasi l'occhietto ci si inumidisce, Gramellini ci informa che, nello scrivere il libro ha impiegato «Tre settimane a tempo pieno per estrarmelo dalle viscere». Il mito dell'autore romantico rivive nell'ingiacchettato editorialista.

L'idea di un'antologia dei ringraziamenti letterari è venuta alla scrittrice romana Carolina Cutolo, insieme al collega Sergio Garufi. Li vedremo questa sera al festival letterario milanese «Roland. Macchine e animali», manifestazione «orientata» e interessante ben oltre il mainstream dei festival. «Li ringrazio - ha detto la Cutolo al Giornale - per averci invitati, nonostante il fatto che la nostra raccolta non aveva un editore. Finalmente abbiamo firmato con la casa editrice Isbn, dopo che per mesi tutti quelli a cui abbiamo proposto il libro rispondevano “bellissima idea, ma è troppo per addetti ai lavori”. Da qualche risposta, però, abbiamo capito che sotto sotto giocava a sfavore il timore di inimicarsi qualche grande nome». La Cutolo, che si dice «ossessionata dalla vanagloria letteraria» al punto di aver inventato il premio «Il racconto più brutto», nota che «il narcisismo nei ringraziamenti è un fenomeno trasversale: si ritrova negli scrittori affermati, come in quelli che pubblicano a pagamento».
Il titolo provvisorio del libro di Cutolo-Garufi (dovrebbe uscire nella primavera 2014) è Lui sa perché, la formula ermetico-gratulatoria che si trova in molti romanzi, ad esempio ne La solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano. Nel libro, poi, i ringraziamenti sono divisi per tipologia. In quella chiamata «Mi sovvien l'eterno» per l'uso e abuso del registro aulico spicca Margaret Mazzantini, che in Venuto al mondo spara alto: «Grazie ad Asja, per la sua anima». Ma a volte l'aulicità sconfina nell'incomprensibilità, ed ecco la categoria della «Supercazzola», in cui eccelle Daniela Raineri, che chiosa il suo Tutto cospira a tacere di noi con un: «Ai moti che apportano il senso». E chissà che senso ha esprimere gratitudine agli animali: Melissa Panarello ne L'odore del tuo respiro scrive: «Ringrazio il mio cane Burrito, arrivato tardi ma non troppo». Una faccenda a parte sono i ringraziamenti vendicativi, come questo di Maurizio Sbordoni (da Mi chiamo Edgar Freeman): «Non devo ringraziare il mio professore d'italiano delle medie, Emiliano Michetti, che stroncò un mio godibilissimo tema sul fenomeno dell'immigrazione». E ultima-non-ultima c'è la gratitudine verso chi ha sopportato l'autore, vedi Federico Moccia (Ho voglia di te): Grazie a tutti i miei parenti che mi sopportano e dividono con me il «divano dei pensieri».

Conferma, semmai, che i ringraziamenti sono spesso un modo di sbracarsi sul divano coccoloso dell'io.

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