Il vecchio adagio (molto consolatorio per la gran parte dei maschietti) recitava più o meno così: «lasciate le donne belle agli uomini di poca fantasia». Come a dire che un corpo femminile che rispetta tutti i più pignoli canoni di bellezza non ha altro da dire. È pura tautologia. È solo nell'imperfezione, nello scarto dal canone, che si annida il germe della «cosa» interessante. Della vera prelibatezza. Che non spiega se stessa con una vuota tautologia ma si fa metafora, rimandando ad altro. I fotografi, comunque, hanno sempre cercato di sfatare la validità di questo adagio. E spesso hanno usato la bellezza come soggetto ideale per le loro immagini. Tra essi un posto privilegiato va sicuramente assegnato a Helmut Newton che della bellezza, mista all'eleganza e alla seduzione di una cornice quanto mai glamour, ha fatto senza dubbio la cifra primaria della sua arte. E una prova concreta di quanto fermamente perseguito e ottimamente conseguito dal fotografo tedesco è adesso sotto gli occhi del pubblico romano che da oggi (e fino al prossimo 21 luglio) può ammirare il frutto migliore del suo lavoro di fotografo nella mostra «White Women, Sleepless Nights, Big Nudes» ospitata al Palazzo delle Esposizioni.
Il titolo della mostra riassume le prime tre pubblicazioni di Newton, frutto dei suoi lavori più innovativi, arrivati tra la metà degli anni Settanta e la fine degli anni Ottanta. In tutto 180 scatti. Si inizia con «White Women» del 1976. All'epoca Helmut Newton è già un accreditato fotografo di cinquantasei anni ma, malgrado la non più giovane età, non ha ancora dato alle stampe un libro monografico. Con questa sua prima prova riceve subito il prestigioso Kodak Photobook Award. Seguirono «Sleepless Nights» nel 1978 e, soprattutto, «Big Nudes» nel 1981 che rimangono tuttora gli unici volumi concepiti e curati da Helmut Newton. In White Women Newton porta il nudo all'interno del mondo della moda, ottenendo immagini così sorprendenti e provocanti che rivoluzionano lo stesso concetto di fotografia di moda e diventano testimonianza della trasformazione del ruolo della donna nella società occidentale. Anche «Sleepless Nights», uscito due anni dopo, è incentrato sulle donne, sui loro corpi, sugli abiti ma, conduce a una visione che trasforma le immagini da foto di moda a ritratti, e da ritratti a reportage da scena del crimine. È un volume a carattere più retrospettivo che raccoglie in un'unica pubblicazione i lavori realizzati da Newton per diversi magazine (Vogue, tra tutti) ed è quello che definisce il suo stile rendendolo un'icona della fashion photography. Le sue modelle vengono ritratte sistematicamente fuori dallo studio, in strada, spesso in atteggiamenti sensuali, a suggerire un uso della fotografia di moda come puro pretesto per realizzare qualcosa di totalmente differente e molto personale. È con la pubblicazione di «Big Nudes», avvenuta nel 1981, che raggiunge il ruolo di protagonista nella fotografia del secondo Novecento. Qui inaugura una nuova dimensione, quella delle gigantografie che entrano nelle gallerie e nei musei di tutto il mondo. Il percorso espositivo permetterà al visitatore di conoscere una storia diversa e più segreta rispetto a quella più diffusa. Se infatti l'opera di Newton è sempre stata ampiamente pubblicata, e con grande successo, sulle più importanti riviste di moda, non necessariamente la selezione degli scatti, compiuta dalle redazioni, esprimeva in modo compiuto anche il pensiero dell'artista che le aveva realizzate.
Nelle immagini di questa mostra, invece, è il fotografo stesso che definisce com'è e qual è la storia che vuole raccontare al suo pubblico. Infatti, l'occhio di Newton ha la capacità di scandagliare una realtà che, dietro alla suprema eleganza delle immagini, consente di intravedere un'ambiguità di fondo di cui erotismo e morte non sono che due aspetti della stessa ricerca di verità che si estende al di là di ogni convenzione. Nel selezionare le fotografie per i libri di cui lui stesso è l'editore, Newton mette in sequenza, l'uno accanto all'altro, gli scatti realizzati per altre committenze con quelli realizzati liberamente per se stesso, costruendo una narrazione in cui la ricerca dello stile, la scoperta del gesto elegante sottendono l'esistenza di una realtà ulteriore, di una vicenda che sta allo spettatore stesso interpretare.
Molte di queste immagini sono particolarmente significative da questo punto di vista: il ritratto di Andy Warhol colto nella stessa posizione di una statua della Madonna fotografata in una chiesa toscana, Nastassia Kinsky che abbraccia una bambola dalle sembianze di Marlene Dietrich, o la fotografia della donna al cimitero del Père Lachaise di Parigi, o ancora, la sequenza delle donne imprigionate da protesi che, rimediando a un danno fisico, non sono tanto dissimili, in verità, dal make-up che corregge un difetto estetico.
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