L'antidoto al fisco tiranno? È la flat tax

Pur avendo trent'anni quello di Pascal Salin è un libro di straordinaria attualità

L'antidoto al fisco tiranno?  È la flat tax

È un libro strepitoso. Parla di tasse e imposte con un linguaggio semplice. Lui è Pascal Salin, professore di economia, francese, già presidente della Mont Pelerin Society, la ridotta del liberalismo mondiale. Il libro che consigliamo per la sua straordinaria attualità si chiama "La tirannia fiscale" ed è edito dalla piccola, agguerrita e laicamente santa casa editrice Liberilibri di Macerata. Quando si dice che un libro è di straordinaria attualità nel 90 per cento dei casi si tratta di una di quelle frasi fatte buttate lì dal recensore per stuzzicare l'interesse del lettore.

Il libro scritto esattamente trent'anni fa e per di più da un francese cosa volete che c'entri con la politica fiscale di oggi? E per la verità disseminati nel testo ci sono esempi (utili per capire bene il pensiero di Salin) espressi in franchi, quasi a raccontare un altro mondo. Eppure, e se volete in ciò vi può essere un filo di sconforto, i pregiudizi verso la tassazione restano oggi i medesimi di ieri. Proprio in queste settimane è stata rilanciata in Italia, da Matteo Salvini e Armando Siri, la proposta di una flat tax al 15 per cento. Nel disinteresse di tutti, e nello sfottò di quei pochi che la prendono in considerazione solo per ridicolizzare chi la propone. Scrive Salin: «Questo libro scombussolerà probabilmente delle abitudini di pensiero e coloro che saranno disturbati nella loro routine intellettuale o nei loro interessi lo vedranno forse come estremista. Ma estremisti sono coloro che mutilano l'attività umana tramite la spoliazione fiscale e chi li segue». Non è estremista, è bene tenerlo sempre a mente, chi propone rivoluzioni fiscali che riducano l'impatto delle tasse; lo è chi fa le coccole alla tirannia a cui oggi siamo sottoposti. Una delle tirannie che Salin magistralmente smonta (e non tutti i liberali sono d'accordo con lui) è sulla progressività delle imposte sul reddito a cui dedica un capitolo ad hoc. Le due ragioni per cui i teorici le giustificano sono entrambe false. La prima nasce dall'utilità marginale decrescente che vuole «uguagliare il sacrificio di imposta». Insomma se lo Stato requisisce in modo più che proporzionale a chi ha di più, non fa del male perché il dolore decresce al crescere del reddito. E la seconda giustificazione è che «lo Stato deve farsi carico di una funzione di redistribuzione e solidarietà».

Oggi questi due principi a cui si ispira anche il nostro sistema fiscale sembrano scritti nella pietra del buon senso. Salin li smonta con rigore logico. Non vi vogliamo togliere il gusto di scoprire come. È il secondo capitolo del libro.

Vi anticipiamo solo che la conclusione dell'economista si basa su una critica durissima della visione meccanicistica della società. La brutta eredità del materialismo storico e del determinismo di origine marxiana. Ma Salin lo scrive in modo più semplice.

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