Il nuovo libro di Daniel Goldhagen The Devil that never Dies (Little, Brown & Company, pagg. 486, dollari 30) è, come il suo celebre I volenterosi carnefici di Hitler (1996) una testo che schiaccia il lettore sotto una valanga di informazioni e dati che provano una tesi scandalosa quanto evidente: è cioè che l'antisemitismo non è un fenomeno da affidare alla memoria del passato, relegare nei libri. No, il male esiste ancora, il «demonio» resiste. E l'antisemitismo, dice Goldhagen, ha le stesse caratteristiche genocide di un tempo e, naturalmente, minaccia in primis lo stato di Israele, l'ebreo collettivo.
La tesi più spaventosa del libro è quella della diffusione globale dell'antisemitismo, della sua morsa su tutto il mondo.
«Con la globalizzazione l'antisemitismo, che è il principale pregiudizio etnico di tutti i tempi, è diventato mondiale. Spinto dai Paesi arabi e islamici, agganciandosi a fonti europee e cristiane di antica matrice accantonate solo momentaneamente dopo l'Olocausto, l'antisemitismo è oggi presente in larga misura ovunque. I media digitali - dal web alla tv satellitare - l'hanno messo alla portata di chiunque, ovunque e in qualsiasi momento. Sono stati fondamentali per la sua diffusione globale».
Cosa c'è di nuovo nell'antisemitismo contemporaneo?
«L'antisemitismo globale attinge a vecchi pregiudizi cristiani, musulmani, di sinistra e di destra, ma oggi ha assunto anche nuove forme e dimensioni. Se prima prendeva di mira gli ebrei locali - quelli che si conoscevano direttamente per città, regione o nazione - oggi è accanitamente fissato anche sugli ebrei lontani, ovvero su quelli americani e israeliani. Inoltre, mentre in precedenza era un fenomeno di matrice principalmente sociale o culturale, nell'era globale politicizzata in cui viviamo, è decisamente un fenomeno politico. Per la prima volta, esso occupa un posto centrale nelle strategie e nella politica estera di molti Paesi, contro lo Stato d'Israele».
Lei ha scritto che auspicare l'annientamento di Israele attraverso armi nucleari è la sostituzione dell'incitamento a un nuovo Olocausto. Il mondo islamico grida quotidianamente «morte agli ebrei» e nessuno batte ciglio.
«Nel mondo arabo e islamico dire di voler distruggere gli ebrei - e non Israele semplicemente - è cosa comune. I leader politici e religiosi, i media e l'uomo della strada lo dicono apertamente. In Occidente, a causa dell'Olocausto e dell'adozione di leggi che perseguono reati d'odio, gli antisemiti sono più cauti: non dirigono i loro attacchi contro gli ebrei di per sé, anche se ricorrono a stereotipi tradizionali, fanno di Israele il loro obiettivo».
Dove sono oggi i difensori degli ebrei?
«Solo negli Usa, il Paese meno antisemita dell'Occidente, abbiamo assistito a un arretramento dell'antisemitismo negli ultimi decenni, invece di aumentare come in Europa. Non sorprende quindi che gli americani sappiano riconoscere che dietro l'assalto antisemita contro Israele e contro gli ebrei, anche quando è mascherato da antisionismo, si celi in realtà un odio pericoloso e omicida.
Che rapporto c'è tra il desiderio di annientare gli ebrei e la negazione dell'Olocausto?
«La negazione dell'Olocausto non è che una forma della vasta gamma di negazionismi diretti agli ebrei, e agli ebrei soltanto: viene negato che gli ebrei abbiano una storia plurimillenaria che li lega alla loro terra, che il Tempio sia mai esistito, che abbiano il diritto come tutti i popoli ad avere un proprio Stato, e persino che siano esseri umani, un ritornello molto comune nel mondo arabo e islamico. Tutto ciò legittima l'idea che gli ebrei o Israele debbano essere eliminati».
Che cosa dovrebbe fare Israele per combattere l'antisemitismo? «Ogni popolo, nel mondo moderno, per essere rispettato, per potersi autogovernare e difendere ha bisogno di un proprio Stato. Per la prima volta dopo millenni, gli ebrei hanno un proprio Stato che garantisce quella difesa che non hanno mai avuto quando sono stati perseguitati nel mondo cristiano e islamico nel corso dei secoli. Naturalmente Israele, come patria degli ebrei, è anche l'oggetto di molti attacchi antisemiti. Ed è questo antisemitismo e non le scelte politiche di Israele, che certo si possono criticare liberamente, che costituisce la radice del desiderio di eliminare Israele».
Perché l'Europa, nonostante la Shoah, è il continente oggi più affetto dall'antisemitismo?
«L'antisemitismo non è mai svanito dall'Europa. Le statistiche mostrano che un numero enorme di europei crede nelle nozioni antisemite più assurde e classiche sugli ebrei e Israele, compreso che minuscole cricche di ebrei in Europa hanno troppo potere nel mondo degli affari e che Israele sta conducendo una guerra di sterminio contro i palestinesi, il che - per quanto si possa essere in disaccordo con le politiche d'Israele - altro non è che una fantasia antisemita».
È possibile guarire questa malattia? Uccidere The Devil that never Dies?
«Il diavolo non è destinato a scomparire presto: è ben radicato nel mondo arabo e islamico, è diffuso in Occidente e acquista spazio altrove. Prolifera sui media digitali ed è in continua crescita, anche perché le diverse correnti di antisemitismo si rafforzano reciprocamente come mai in precedenza. Non c'è dubbio che il conflitto mediorientale lo alimenti, ma non c'è neppure dubbio sul fatto che i vecchi pregiudizi antisemiti abbiano disegnato le linee interpretative con cui molta gente si figura Israele e gli ebrei in generale».
Questa ondata di nuovo antisemitismo potrebbe portare a un nuovo genocidio?
«L'antisemitismo odierno è senza dubbio potenzialmente genocida. Certo, molti degli antisemiti, specialmente in Occidente, non mirano, quantomeno non apertamente, a massacrare gli ebrei, ma molti altri, in particolare nel mondo arabo e islamico invece sì, e lo ripetono quasi abitudinariamente. In realtà i leader religiosi e politici arabi e islamici, come anche la gente comune, invitano di continuo a uccidere gli ebrei, più di quanto non l'abbiano mai fatto i Nazisti.
Daniel Goldhagen
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