Il marito della Szymborska era un delatore Salta il premio

Il passato presenta sempre i conti. Anche in poesia.
La scorsa estate questo stesso Giornale seguì la polemica sulla poetessa premio Nobel Wislawa Szymborska, morta nel febbraio 2012, per la quale, soprattutto dopo la lettura delle sue poesie da parte di Roberto Saviano nella trasmissione di Fabio Fazio, la sinistra italiana da salotto ha preso un'autentica sbandata intellettuale. Panorama rivelò che anche la leggendaria scrittrice - ex comunista, pubblicata da Adelphi, adorata da Repubblica - aveva le sue ombre: un debutto letterario, negli anni '50, allineatissimo allo zdanovismo, e la pubblicazione di due raccolte poetiche (mai più ristampate e tanto meno tradotte) con versi di elogio a Lenin e di pianto per la morte di Stalin. Poi, negli anni '60, la presa di distanza da questo «peccato di gioventù», come lo definì la poetessa. Roberto Saviano, sull'Espresso, accusò chi aveva ricordato i suoi trascorsi leninisti-stalinisti di «scarsità di idee e approssimazione».
Ora in Polonia si riapre il caso: il premio letterario «Adam Wlodek» - traduttore, editore, poeta e marito di Wislawa Szymborska dal 1948 al 1954 - non sarà assegnato. Grzegorz Gauden, direttore dell'«Istituto del Libro» di Cracovia, ente organizzatore del premio assieme alla «Fondazione Szymborska», ha deciso di sfilarsi dalla manifestazione, istituita per volontà della stessa poetessa per commemorare la memoria del marito. Il motivo? Nuovi documenti che dimostrano lo zelo di Adam Wlodek nell'arte della delazione degli oppositori sotto il regime comunista. Lo scrittore Maciej Gawlikowski ha rivelato che Wlodek fu «un autore prolifico di delazioni» (in particolare denunciò nel 1953 Maciej Slomczynski, traduttore in polacco dell'Ulisse di Joyce, perseguitato dal regime con l'accusa di essere una spia). Assieme alla Szymborska e all'altro marito della poetessa, Kornel Filipowicz, firmò anche una petizione a sostegno di un processo contro quattro preti cattolici.


Come commenta Massimiliano Timpano, studioso dei rapporti tra intellettuali e potere che ha segnalato al Giornale la sospensione del premio, «la domanda è perché gli scrittori polacchi fossero così profondamente coinvolti nel comunismo, dal momento che la miseria e l'indegnità del regime erano parte della loro esperienza quotidiana. È un enigma come coloro che avrebbero dovuto vedere in modo più esatto e acuto degli altri, si illusero in maniera così compromettente».
Twitter@LuigiMascheroni

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