Si defilò troppo presto, Claudio Quarantotto, dal giornalismo culturale. Ora che si è spento mercoledì a Roma, e non aveva 78 anni, pochi sanno o ricordano che fu non solo una delle principali firme de Il Borghese ai tempi d'oro, critico cinematografico di prim'ordine e scrittore di cultura. Ma diresse alle soglie degli anni Settanta una delle più belle riviste culturali, La Destra, unica a sfondare perfino in edicola e ad avere firme come Giuseppe Prezzolini, Mircea Eliade, Ernst Jünger, Ferenc Molnar, Gabriel Marcel. Si occupò dei Libri del Borghese, tradusse e pubblicò fior di autori, fu l'artefice del Prezzolini conservatore, a cui commissionò nel primo numero de La Destra il «Manifesto dei conservatori», poi curò l'Ideario e il libro Intervista sulla destra. Ma non fu accolto, nemmeno ne Il Giornale di Indro Montanelli. Istriano che non riusciva più a tornare nella terra d'origine, mi raccontò una volta l'incubo di una notte trascorsa nei luoghi da cui furono cacciati. Lo ricordo quand'ero ragazzo da Nino Tripodi, che come lui pubblicò memorabili saggi per svelare i voltabandiera della cultura italiana tra fascismo e antifascismo. Poi lo ricordo con Francesco Grisi a tentare di organizzare gli scrittori liberi e non conformisti. E a casa Volpe, con Del Noce e Mercadante a discutere di destra. Lo volli come capo redattore nell'avventura de L'Italia settimanale.
Poi Quarantotto lavorò a Il Tempo, si eclissò precocemente e si dedicò a scrivere dizionari, di neologismi e non solo.Era brioso Quarantotto, intelligenza vivace e risata contagiosa, ma preferiva stare al buio, come al cinema, per vedere il film del presente, senza restarne coinvolto.
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