Cultura e Spettacoli

Niente scuse, essere felici è un mestiere che s'impara

L a lista dei buoni propositi è un classico da fine anno, ma potrebbe essere il pane quotidiano, la pillola del giorno stesso, le ventiquattrore a cui non si bada se non davanti all'oroscopo. Invece di farci sensibilizzare da Urano, potremmo farci pungolare da Orazio, oppure da Émile-Auguste Chartier, alias Alain, il nom de plume dei suoi corsivi sui giornali. Migliaia di propos, adesso riproposti da Elliot, che pubblica proprio quelli su benessere e affini, e quindi niente scuse (Propositi di felicità, pagg. 191, euro 14, 50).
All'affacciarsi del '900 Alain decide che essendo la filosofia la scienza del ragionare e il ragionare cosa buona e giusta serve un giunco pensante che ce lo ricordi. E lo fa da vero cartesiano tignoso: se non si hanno disgrazie tra capo e collo, se le circostanze sono passabili, lì dipende da noi. La felicità è ginnastica e noi occidentali siamo pigri, ma bastano ritmo e costanza et voilà un proposito al giorno ti leva il medico di torno.
Sessione-tipo. Smascherare gli alibi, della serie «il malumore»: «Non esiste il buonumore. L'umore è sempre cattivo e tutta la felicità dipende dal sapersi governare». Basta musilunghi meteoropatici, «quando piove si ha voglia di vedere facce allegre», perciò buon viso a cattivo tempo. E a cattiva salute. Col mal di reni o la sindrome premestruale si è depressi, si sa. Ma se «si sa» non ci si può meravigliare di esserlo e angosciarsi, ché mica si può calcolar coi calcoli o commuoversi con l'ovaia. Maestro di Raymond Aron e Simone Weil, un prof passato per la guerra, la lotta pacifista, il liberalismo cocciuto, i professoroni che lo ghettizzavano perché non sprezzava giornali e volgo, fino all'ictus che l'ha costretto alla sedia, Alain è l'ottimo personal trainer della gaia scienza, che agli snob parrà démodé, evocherà i dépliant da villaggi vacanze e le mollezze New Age, ma a torto, perché anche l'acuminato ombroso Nietzsche diceva che imparare a esser gai è sempre la miglior cosa. Se la filosofia è medicina, se la verità è un vaccino, che certo avvelena, ma se non uccide fortifica, allora altro che chimere progressiste e sofisticherie cattedratiche e fedi miracolistiche. I filosofi possono abitare i reami mentali solo se si trasformano nelle vecchie zie care a Longanesi.

Ci salveranno i professori-vecchie zie, che al netto dei tempi e delle geografie insegnano a non fuggire, ma a usare quel che abbiamo, consigliandoci «dieci modi di cucinare il lesso rimasto a colazione».

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