Controcultura

Nostalgia dei Sette Sapienti Oggi ne basterebbe uno...

Il vertice del pensiero conservatore e pessimistico concentrato in poche parole. Da scolpirci in testa

Nostalgia dei Sette Sapienti Oggi ne basterebbe uno...

«La cultura veicolata da proverbi e sentenze ha in ogni età un sostrato conservatore, pessimistico» scrive Emanuele Lelli, curatore di un libro maestoso per forma e contenuto, dal titolo non meno monumentale: Proverbi, sentenze e massime di saggezza in Grecia e a Roma. Tutte le raccolte da Pitagora all'umanesimo. Oltre duemila pagine fittamente stampate, pubblicate da Bompiani nella collana «Il Pensiero Occidentale», meraviglia editoriale la cui permanenza mi fa pensare al Colosseo e al ruolo del Colosseo come baluardo di civiltà secondo Beda il Venerabile: «Finché starà il Colosseo,/ starà Roma;/ Quando cadrà il Colosseo,/ finirà anche Roma:/ Ma quando cadrà Roma,/ finirà il mondo». Finché starà il Pensiero Occidentale Bompiani, starà l'Occidente, mi viene da dire...
A proposito, anche i proverbi di Beda il Venerabile, santo monaco dell'ottavo secolo, sono raccolti nell'immane volume, però qui mi concentro sulle massime dei Sette Sapienti, quei greci del settimo e sesto secolo avanti Cristo che sono a mio certamente sindacabile giudizio il vertice del libro e la quintessenza, se non la prima manifestazione, del pensiero per l'appunto conservatore e pessimistico. Prima di Roger Scruton, prima di Nicolás Gómez Dávila, prima di Giuseppe Prezzolini e perfino prima dell'Ecclesiaste ci furono Solone e i suoi colleghi che poi tanto colleghi non erano perché uno era di Atene e l'altro di Sparta, uno era un tiranno e l'altro i tiranni li abbatteva, uno era un astronomo e l'altro un avvocato... Li accomunava la filosofia e spesso la poesia, perché in quel tempo remoto essere filosofi e poeti non poteva suonare, come oggi, un anacronismo.


Fondamento del conservatorismo è il senso del limite e questo insegna Solone: «Nulla in eccesso» (Solone o forse il meno noto Pittaco di Lesbo, molte attribuzioni sono piuttosto incerte). Cleobulo di Lindo esprime un concetto analogo, solo con qualche parola in più: «La giusta misura è la cosa migliore». Mentre Periandro di Corinto sembra spingere all'azione contro gli sfrenati: «Odia la tracotanza». Pensieri per nulla obsoleti, anzi terribilmente attuali oggi che siamo travolti dalla hybris progressista. E penso alla dismisura architettonica dei grattacieli, alla dismisura economica dei debiti pubblici («Whatever it takes» è frase che ai Sette Sapienti avrebbe fatto accapponare la pelle), alla dismisura politica dei governi che pretendono di modificare la temperatura del pianeta, o di azzerare la circolazione di un virus... Il realismo non è di questo mondo, l'ideologia dilaga su entrambe le sponde dell'Atlantico e dal Pacifico, California o Cina che sia, arrivano folate di tecnocratica superbia: «Fermeremo l'invecchiamento!» (Google), «Colonizzeremo Marte!» (Elon Musk), «Controlleremo totalmente l'economia!» (Xi Jinping)...


Si capisce quanto sia urgente meditare Biante di Priene: «Amare l'impossibile è una malattia dell'anima». È una malattia anche del corpo, aggiungo io: quante persone moriranno o soffriranno di patologie da raffreddamento per gli insostenibili aumenti delle bollette causati dalla follia climatista? A fare esplodere i prezzi, innanzitutto dell'energia, ha parecchio contribuito l'ideologia ambientale, un po' panteista e molto statalista, benedetta da Papa Francesco e ormai dottrina ufficiale di un Occidente che si è imposto l'obiettivo impossibile dell'impatto zero, con conseguente suicida rinuncia a fonti meno costose quali nucleare, carbone, gas. Un Occidente senza più Pensiero Occidentale, chiaro. E senza più Sapienti ai posti di comando.


«Ama il senno» ha detto, ventisei secoli fa, sempre Biante che qui dichiaro essere il mio sapiente preferito. «Ama il senno» potrebbe essere il motto dell'unico partito meritevole del mio voto: il partito della realtà. Che nessuno ha ancora fondato forse perché amare il senno è politicamente dissennato: la realtà non porta voti, per mobilitare il popolo sovrano ci vogliono fantasie, illusioni, sogni (che solo noi conservatori riconosciamo subito come incubi). Biante di Priene era un greco dell'Asia Minore e sarà stato il suo mestiere di avvocato, ottimo punto di osservazione sull'umanità, a ispirargli la massima più preziosa: «La maggior parte degli uomini è malvagia». Da scolpire nel marmo. E difatti fu scolpita sul tempio dell'oracolo di Delfi. Scolpirla oggi sarebbe impossibile, la maggioranza permalosa la prenderebbe come un'offesa e basta questo per capire come la democrazia sia nemica della sapienza. Di nuovo il problema del conservatorismo politico... Il conservatore è sempre, consapevolmente o meno, un agostiniano, ossia qualcuno che crede nel peccato originale. Il conservatore può non credere in Dio ma non può non credere nel peccato originale, o in qualcosa di meno dottrinale e tuttavia simile: altrimenti sarebbe un progressista, uno stolto ottimista riguardo la natura umana. Però, eccolo il problema, nemmeno lui può permettersi di dire agli elettori che sono cattivi. «Nessuno riconosce di essere malvagio», ricorda Menandro a pagina 171.


Il pensiero dei Sette Sapienti è senza luogo e senza tempo. Non è l'Antica Grecia che parla, è la Sapienza di sempre. Mi hanno sorpreso le tante similitudini con la Bibbia. «Non desiderare la roba d'altri» si trova in Cleobulo di Lindo così come nel catechismo cattolico, pari pari. Questo saggio greco, nato nel VI secolo avanti Cristo, potrebbe aver letto il libro dell'Esodo ma certamente non il Vangelo, eppure una sua massima («Ciò che detesti, non farlo a un altro») mi ha subito ricordato Matteo 7,12. In vari punti del grandioso volume riecheggia il quarto comandamento. Nel solito Cleobulo: «Bisogna rispettare il padre». E, con formulazione più politica, nel politico Solone: «Se uno non mantiene i genitori, sia privato dei diritti civili». Il celebre legislatore ateniese è inoltre l'autore di una frase nota ma non abbastanza, una frase che considero uno dei migliori antidoti all'anagrafe: «Invecchio imparando sempre molte cose».

Ma l'amico lettore, se è arrivato fin qui, non ha bisogno che gliela ricordi.

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