Ormai vale tutto Perfino la Littizzetto è una vera scrittrice

I critici la esaltano, le classifiche la premiano e il Corriere della sera la chiama a celebrare il compleanno della Lettura. Qualcosa non va

Ormai vale tutto Perfino la Littizzetto è una vera scrittrice

Rassicurando i lettori italiani, con un tweet che vale più di qualsiasi stroncatura, qualcuno ha ironizzato: «Philip Roth ha smesso di scrivere? Niente paura, la Littizzetto continua».
Senza ironia, invece, ma scivolando nel grottesco, su La Stampa di qualche giorno fa Gabriele Ferraris ha recensito il nuovo libro di Luciana Littizzetto Madama Sbatterflay (Mondadori) parlandone come di un «evento editoriale», «perché stiamo parlando di una vera scrittrice», una scrittrice con «quel suo inconfondibile stile, quella sua voglia di raccontare vizi e vezzi della contemporaneità con disincanto e, insieme, passione». «Una scrittrice vera». «Con buona pace dei critici spocchiosi».
Con buona pace dei critici di bocca buona, Luciana Littizzetto non è una scrittrice. È una comica di successo che scrive sketch raccolti in un libro. Che è un'altra cosa. Brevi monologhi pensati per il palcoscenico televisivo e finiti in pagina, che in alcuni casi fanno ridere, in altri no. Madama Sbatterflay, ad esempio, a parte il capitolo-sketch «Appello agli uomini», non a caso anticipato dalla Stampa, non fa ridere. Capita.
Capita anche, però, e sempre più spesso purtroppo, che si tenti di far passare una brava cabarettista-attrice per scrittrice tout court, soltanto perché pubblica un libro, o collabora con un quotidiano. Soltanto per caso lo stesso che lo recensisce, gridando al capolavoro. Facendo tre danni in un colpo solo: a chi scrive il pezzo e al giornale che lo pubblica, che si coprono di ridicolo; al recensito, che di sicuro ha un senso delle proporzioni e dell'(auto)ironia superiore al recensore; e al lettore, che crede di avere di fronte Achille Campanile, o Carletto Manzoni, o anche solo il Paolo Villaggio di Fantozzi, e invece si ritrova in mano un libro della Littizzetto. Che peraltro s'intitola Madama Sbatterflay, dove la «madama» è proprio quella cosa lì, la fissazione, più che degli uomini, di tante donne, che la mettono in mostra ogni volta che possono, al cinema, sui calendari, in televisione, su Internet e nei libri, come questo, dove si parla solo di “quella”, declinandola in tutti i sinonimi, le allusioni e le situazioni possibili, come da titoli dei capitoli: «La jolanda con la permanente», «La farfallina», «Imene perenne», «Le smutandate». Oppure, con un ribaltamento di Walterschauung, passando da “quella” a “quello”: «Il bell'addormentato nei boxer», «Il pacco in bagno», «Il bandolero stanco», «Preservativi griffati per walter di classe». Dove il “walter” è esattamente quel coso lì, per il quale le donne hanno una vera fissazione.

Fissata per gli organi genitali, maschili e femminili, per tutte le sfumature possibili dei rapporti sessuali, per «Supposte miracolose», «Auto a pipì», «Cremine anticoncezionali», «Chi arriva prima» all'orgasmo, «Le tette di Kate», «Lo scaldawalter», «Il piscivelox» (sono i titoli dei rimanenti capitoli), la Littizzetto usa ed abusa, e stufa, del genere porn-mom. Che non ha mai tirato così tanto.
Luciana Littizzetto non è una mamma, neppure porno, eppure ci gioca pensate col gioco più vecchio del mondo. Senza neppure una particolare originalità. Ma con un supporto mediatico, alimentato dal potentissimo salotto editoriale di Fabio Fazio, che la lancerà nella top ten delle classifiche di vendita prima della fine della settimana. E tutto questo col pericolosissimo supporto di certi critici compiacenti cui sfugge il senso della misura, e lo sconfortante smarrimento dei lettori che rischiano di confondere, come già sta succedendo in politica, un comico per un genio.

Non basta scrivere un libro per essere scrittori. E non basta leggerlo per essere dei critici. La lettura, notoriamente, è qualcosa di più complesso. Soprattutto «la Lettura», l'inserto culturale della domenica del Corriere della Sera: un supplemento ricchissimo, molto curato e corposo, che parla di libri e letteratura, di media e nuovi linguaggi, che guarda all'arte, alla storia, alla filosofia, al design con firme prestigiose, italiane e internazionali. Domenica scorsa ha festeggiato il suo primo compleanno sul palco della leggendaria sala Buzzati, a Milano. E chi era l'ospite d'onore della festa del più importante inserto culturale del più prestigioso quotidiano italiano, seduta accanto al direttore Ferruccio de Bortoli? Luciana Littizzetto. Non una grande firma della «Lettura»: Claudio Magris, o Francesco Piccolo, o Alessandro Piperno, o Erri De Luca... No. Luciana Littizzetto. Avvalorando l'idea - scorretta e pericolosa, e di certo neppure condivisa dalla diretta interessata - che si tratti di una grande scrittrice.

E può essere una giustificazione il fatto che i libri della Littizzetto vendano molto? Difficile. Altrimenti E.L. James, l'autrice di Cinquanta sfumature di grigio, dovrebbe dirigere il supplemento letterario di The Times. Cosa che non è. In Inghilterra. Ma in Italia, chi può dirlo?

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