Pagine da sniffare La cocaina eccita gli scrittori italiani

Fenomeno criminale, sociale e "ricreativo" (con autodistruzione) Sono tantissimi i romanzi e racconti dedicati alla polvere bianca

Pagine da sniffare La cocaina eccita gli scrittori italiani

Gli scrittori capiscono l'aria che tira con una sniffata. Il dilagare della cocaina, a esempio, imperversa e non solo nella saggistica. Anzi, si ha l'impressione che questa volta inchieste e reportage siano arrivate dopo la letteratura. In questi giorni esce Cocaina (Einaudi, pagg. 188, euro 13), tre racconti rispettivamente di Massimo Carlotto, Gianrico Carofiglio e Giancarlo De Cataldo uniti da una (non tanto) sottile striscia bianca: la cocaina appunto. Il fenomeno è indagato dal punto di vista criminale, con risultati diseguali. Un po' di maniera Carlotto, un po' evanescente Carofiglio, tosto invece De Cataldo. L'autore di Romanzo criminale imbastisce in poche pagine una storia complessa, che va dalle piantagioni della Colombia, dominate ora dai messicani, alla Milano dell'alta finanza, ove insospettabili avvocati in doppiopetto ripuliscono il denaro per conto di cosche calabresi mimetizzate nell'hinterland. Il congegno perfetto si scioglie in un finale ironico delizioso. Unica pecca, qualche scivolata nell'ideologia: anche per De Cataldo, come per il Saviano di Gomorra, la criminalità organizzata è la compiuta realizzazione del «neoliberismo selvaggio». Sciocchezze. Il libero mercato segue logiche pacifiche e volontarie, inconciliabili con le mitragliette dei narcotrafficanti. Per fortuna il racconto non insiste troppo su questo punto e funziona al netto delle opinioni sul liberismo. Il tema è congeniale a De Cataldo: la cocaina giocava un ruolo centrale anche nel citato Romanzo criminale (Einaudi) e nello spin off recente Io sono il libanese (Einaudi).

Quella criminale non è la sola pista battuta dagli scrittori italiani. Di recente il romanzo Acciaio (Rizzoli) di Silvia Avallone ha suscitato una piccola polemica. Nel libro, l'autrice mostrava gli operai delle acciaierie di Piombino alle prese con la cocaina. Ci fu chi si scandalizzò. Ancora provincia, ai margini delle grandi città, e ancora polvere bianca unita a immigrazione e lavoro precario in Tiratori scelti (Fandango) di Emmanuele Bianco. Chi però può vantare una sorta di «poetica della coca» è Walter Siti. Nei suoi romanzi, specie in Troppi paradisi (Einaudi) e ne Il contagio (Mondadori), si va oltre la modica quantità. Anzi, non si fa altro che sniffare. In Siti la cocaina svolge una triplice funzione: il desiderio di un tiro avvicina classi sociali distanti, il borgataro e il borghese; il possesso della droga, e la possibilità di dispensarla, è uno strumento di potere sulle persone; l'ansia per la sniffata successiva è metafora della nostra società, sempre a caccia di una nuova illusione con la quale riempirsi l'anima vuota, finché dura.

Non manca il versante «ricreativo» declinato in una infinita varietà di modi. «Ricreativo-paranoico» alla Bret Easton Ellis nel Giuseppe Culicchia di Brucia la città (Mondadori). «Ricreativo-distruttivo» con toni da commedia in Hanno tutti ragione (Feltrinelli) di Paolo Sorrentino, ove l'ex divo Tony Pagoda, ora cantante da night, si nutre di... cocaina. Distruttiva è Teresa Ciabatti nel racconto Il tuffo (in Drugs, antologia uscita per Guanda): cocaina e viagra sono il mezzo per arrestare il declino della vecchiaia. Tragico è l'ex «cannibale» Aldo Nove, che racconta la sua discesa nei gironi infernali della cocaina e della perversione dopo la perdita dei genitori nell'autobiografico La vita oscena (Einaudi). Altri «cannibali» hanno affrontato a vario titolo quella che Gabriele D'Annunzio chiamava «polvere folle». C'è il delirante chirurgo cocainomane di Sei il mio tesoro, racconto scritto da Niccolò Ammaniti con Antonio Manzini, ora antologizzato ne Il momento è delicato (Einaudi). E ci sono i ventenni nullafacenti ma tossici e stupratori di Bastogne (Baldini & Castoldi) di Enrico Brizzi: coca, bamba, polvere... L'autore qui è così attento al gergo dei drogati da meritarsi anche studi universitari. Procedendo per suggestioni, visto che un catalogo completo è impossibile, viene voglia di restare in Emilia, passando dalla Bologna di Brizzi alla Correggio di Pier Vittorio Tondelli. Altra generazione: si vede dalla droga. In Altri libertini (e Pao Pao) la cocaina fa timide apparizioni, lasciando campo libero all'eroina, che Tondelli fu accusato di mitizzare.

In primavera uscirà anche il

nuovo romanzo-reportage di Roberto Saviano. Il seguito di Gomorra sarà quasi certamente intitolato 000. «Triplo zero» è un gioco di parole che allude alla cocaina pura. L'unico rischio, per Roberto, è di arrivare in ritardo.

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