Quando l'amico d'infanzia diventa assassino

Francesco Viviano, giornalista di Repubblica, pesca un ricordo lontano e lo inserisce nella sua biografia, appena pubblicata da Chiarelettere: “Io, killer mancato”

Due conoscenze nella Palermo degli anni Settanta. Francesco Viviano, giornalista di Repubblica, pesca un ricordo lontano e lo inserisce nella sua biografia, appena pubblicata da Chiarelettere: “Io, killer mancato”. I due ragazzi, Lillo Pisciotta e Natale Gambino, vengono trovati incaprettati l’8 novembre 1975. Che cosa è successo? “La loro morte rimase per molti anni un sospetto anche se al Villaggio Ruffini qualche sospetto circolava. Si sapeva che Natale e Lillo erano stati ammazzati perché avevano rubato in casa di un notabile protetto dai mafiosi. Altri ladruncoli si erano allontanati volontariamente dal quartiere perché avevano paura di fare la stessa fine”. La verità, amarissima, affiora col tempo. Molti anni dopo l’ormai affermato cronista va a intervistare Gaspare Mutolo, l’autista di Totò Riina ormai pentito e Mutolo gli spiega che fra i killer dei due ladruncoli c’era anche Totino Micalizzi, amico d’infanzia di Francesco. Naturalmente nel gruppo di fuoco c’era pure lui, Mutolo.

“Ma perché li avete ammazzati?”, domanda angosciato Viviano. “E Mutolo, che sapeva dei miei rapporti con Totino, mi raccontò i macabri dettagli dell’incaprettamento. “Io ero contrario a quella decisione, ma ero soltanto un uomo d’onore, un killer e non potevo oppormi alla decisione del mio capo”, il boss Rosario Riccobono. “Dicemmo che ci serviva un’automobile rubata, e a loro non parve vero di darci una mano. Quando trovarono la macchina, chiedemmo loro di portarla davanti al capannone di un allevamento di polli.

Al loro arrivo, Lillo e Natale furono legati a una sedia, interrogati e torturati finchè non confessarono i loro furti e quelli di altri ladruncoli del quartiere. Poi furono strangolati. Filippo Giacalone, uno dei killer che parteciparono all’esecuzione, continuava a tirare la corda, con un piede sulle loro teste, e smise soltanto quando gli dissi che erano morti”.

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