La Roma torbida (ma pasticciona) di Gaetano Cappelli

Una sciarada velocissima e ironica. Come è nel suo stile. È questa che Gaetano Cappelli mette in scena nel suo nuovo romanzo Scambi, equivoci eppiù torbidi inganni (Marsilio, pagg. 194, euro 16). Questa volta lo scrittore potentino gioca con il mondo finto chic, vero trash, della Capitale. Quella che il sito Dagospia chiama Roma Godona. Racconta un ambiente tragicomico, sospeso con humor cinico tra La grande bellezza e “Mafia capitale ”.

Per carità, tutte avventure di fantasia e volutamente surreali. Ma narrate con l'occhio di chi in certi salotti, e in certi locali, qualche incursione l'ha fatta. Trattandosi di sciarada non si può raccontare troppo altrimenti si “spoilera” la trama al lettore. Però qualcosa si può anticipare, senza far danno e per rendere l'idea. Al centro della vicenda c'è uno scrittore dalla vita molto comoda, Lorenzo Dalré. Ha infilato un paio di romanzi andati bene, delle belle comparsate televisive, un mezzo disastro cinematografico, delle collaborazioni noiose e ben pagate per i giornali scrivendo sulla scempiaggine del giorno... Nel frattempo ha anche azzeccato la moglie giusta. In attesa che lui componga un capolavoro immortale gli dà di che vivere agiatamente... Sarebbe una situazione perfetta se lo scrittore (che ormai non scrive poi tanto) non si dedicasse più alla migliore amica della sua signora che al romanzo e ai figli. Beccato sul fatto, si ritrova sul lastrico e sulla strada. Questo dà il via a un “viaggio” picaresco (anche a mezzo tram, cosa inconcepibile per persone di una certa eleganza) in cui, per procurarsi un letto e il companatico, lo scrittore è costretto a incrociare sul suo tortuoso percorso di salvezza la più varia umanità: un giudice che cerca visibilità mediatica con un processo epocale, un costruttore fallito, un'avvocatessa attempata ma vogliosa di avventure erotiche, ex compagni di classe che non crescono mai, un padre generale...

Tra intercettazioni che distorcono il senso delle conversazioni, improbabili vendette, equivoci e feste di cretini mascherati, alla fine la commedia evolverà verso un quasi lieto fine tranne per il morto (che non vi diciamo chi è). Ovviamente se può esistere un lieto fine in un mondo immaginario così scombinato da sembrare vero.

È un lieto fine quasi omerico. Sarebbe degno dei viaggi di Ulisse, solo che al posto del nobile Argo c'è un cagnolino dall'orrido nome di Bijou. Perché sono i cani ormai, con la loro etica del branco, che salvano le famiglie.

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