Rotta a Mezzogiorno. Sulla nave dei ricordi

Il nuovo libro di Marcello Veneziani accompagna il lettore in un viaggio a ritroso attraverso usi, costumi e sapori meridionali

Rotta a Mezzogiorno. Sulla nave dei ricordi

La testa al sud ha più sfumature nel lessico che dal barbiere. C'è ad esempio la capa fresca ovvero chi si occupa di inezie, non ha altro di più serio a cui pensare. La sua variante è la capa al gioco, detto di uno che ha sempre voglia di scherzare. C'è, poco distante, la capa gloriosa, colui che vive in modo stravagante o inconcludente, compie imprese stupide o vanamente grandiose. Poi c'è la capa frecata, che invece denota uno a cui non funziona la testa e commette atti inconsulti o pericolosi. Alla capa vacante, cioè all'idiota, l'unica funzione della capa è spartire i 'recchie, cioè serve solo per dividere le orecchie. C'è poi la capa tosta, o capacchione, cioè chi persevera negli errori, è ostinato a ripeterli. Chi piglia il capo abbascio è invece colui che va veloce per strada a testa bassa e non riesce a fermarsi. Ambivalente è invece l'espressione come me pesa sta capa; indica uno spettro di ipotesi varie, dalla cefalea alle corna. Al cinema le donne romantiche si fanno 'na capa di pianto. Numerose sono poi le classificazioni che accompagnano la capa riferite all'attività svolta o alla passione coltivata (es. capa di motore) alla somiglianza con oggetti o animali (capa di mellone, cape e' ciucce) o teschi (cape e' muorte), agli organi sessuali (omissis). Chi perde il senno infine «non ci sta con la capa». La capa gira.

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Un barese andò a comprare le sigarette. Spiccavano alle spalle del tabaccaio le scritte minacciose sui pericoli di morte che corre chi fuma. Il tabaccaio afferrò un pacchetto e lo fece scivolare sul bancone. C'era scritto «il fumo rende impotenti». Lui guardò la dicitura e ritrasse la mano protesa dicendo: «No, damm' cher ca' accìdene» (No, dammi quelle che uccidono). Estremo gallismo sudista: meglio morti che impotenti.

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Fa un po' ridere a Napoli e provincia quando si sente parlare della Chiesa rivoluzionaria di Papa Francesco che apre ai gay. Qui la Chiesa è aperta da svariati secoli agli omo e ai trans, e in particolare ai femminielli. Fatevi una gita, se non un pellegrinaggio, al Santuario di Montevergine da Mamma Schiavona «che tutto concede e tutto perdona». L'apertura ai gay risale all'epoca di Dante: due omosex, legati a un albero per la loro pratica contronatura, furono graziati dalla Madonna. E da allora i femminielli devoti salgono fin su al Santuario per danzare e cantare magari in falsetto o con voci bianche, in suo onore nel giorno della Candelora. Non è una concessione ai nostri tempi ma all'antichità pagana. Se è per questo al sud c'è pure la fecondazione artificiale miracolosa. Si va il 6 di ogni mese a Napoli da Santa Maria Francesca delle Cinque Piaghe, e si strofina il ventre sterile sul reliquiario della santa. L'eterologa è compiuta, ma occorre il seme della fede.

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Quando il sud diventa un destino. Salvatore Ferri meriterebbe un film. Fu un eroe dei due mondi a rovescio, partì dal sud d'Italia dove militava nel regio esercito borbonico per andare a combattere per un altro sud in Louisiana, in America. Veniva da Licata e si trovò, giusto 150 anni fa, tra i pochi terroni superstiti dopo aver combattuto per altri terroni oltreoceano. Vinsero la battaglia di Winchester in Virginia, c'era il mitico generale Jackson, e si rifecero della disfatta del Regno delle due Sicilie. Ma poi la confederazione sudista cedette all'unione nordista. E come lui tanti altri, i fratelli Russo per esempio e centinaia di militari borbonici. Ah, se ci fosse un Via col vento terrone che raccontasse l'epica eroica e romantica di quei militi borbonici che sconfitti in Italia, per non subire la deportazione nei lager di Fenestrelle e altre umiliazioni, s'imbarcarono sulla nave Elisabeth o su altre navi, sbarcarono a New Orleans e si arruolarono nell'esercito sudista come VI Reggimento italian guards, combattendo valorosamente (altri andarono con gli unionisti). Militi ignoti, eroi sconosciuti di una duplice epopea sepolta due volte, negli States e nell'Italia sabauda. Quando penso ai ragazzi che partono oggi dal sud per cercare fortuna nel mondo, mi ricordo di loro, primi emigrati partiti dal sud che andarono a difendere un altro sud. Non cercarono fortuna ma onore. Passarono da una causa sbagliata e perdente a un'altra. Ai vincitori si addice il sorriso della storia, ai vinti la carezza degli dei.

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A chi vuoi più bene? Chiedevano sempre gli adulti cretini quand'eri bambino. E tu non sapevi che dire, rispondevi secondo i presenti e le situazioni. Di solito da bambino dicevo «a mio padre», perché lui non si occupava dei miei bisogni ma dei miei desideri, era il tramite con la mia libertà, con la vita di fuori, col mare, il sole, il gioco, la fantasia, mi comprava le figurine, i soldatini e i giocattoli. Poi da grande pensai a mia madre, che si relegò per amore agli arresti domiciliari, s'alzava prima di tutti e andava a dormire dopo tutti, aveva sacrificato alla famiglia la sua vivacità che talvolta le scappava di mano come un bambino irrequieto. Ora che non ci sono più ambedue, non riesco a rispondere più a quella domanda, vivono in eterno ex-aequo, ma voglio meno bene alla vita. Evito di stilare sui viventi gerarchie d'amore, ciascuno lo ami a suo modo e lo distingui dagli altri perché quelli che definisci veramente cari sono le persone per la cui vita daresti la tua.

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Torna che ti ritorna, il sud è la strada di casa. Tornare a sud dà frutti quando si avvera e dà fiori quando non si avvera. I primi a volte sono dolci e a volte amari, i secondi profumano di nostalgia. Tornare al sud sarà magari infruttuoso ma fa fiorire. Si torna sempre sul luogo del diletto... E poi andare a sud è sempre un tornare alle origini, anche per chi è del Nord, come se il sud fosse l'infanzia del cosmo. Prego, favorite.

Esce oggi il nuovo libro di Marcello Veneziani Ritorno a sud (Mondadori, pagg.

304, euro 12), che raccoglie gli scritti che l'autore ha dedicato negli anni al meridione: nei suoi libri, nei suoi articoli e in alcune pagine inedite, alcuni stralci delle quali pubblichiamo qui. Quello di Veneziani è un viaggio nel sud del passato, del presente e di «famiglia». È un libro scandito su tre toni - curioso, divertente e nostalgico - e viaggia tra ritratti, aneddoti e pensieri. Tutti meridionali.

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