Se chi si oppone all'islam è trattato come un untore

Da Onfray a Menent, chiunque segnali i rischi del fondamentalismo è messo alla berlina. È passato meno di un anno ma non siamo più tutti Charlie

Se chi si oppone all'islam è trattato come un untore

Non è facile parlare di islam oggi. Non lo è in Europa e in Italia. Ma forse lo è ancora meno in Francia. Lo prova il dibattito molto aspro attorno a due libri. Uno appena arrivato, l'altro, e qui si sfiora l'assurdo, non ancora uscito. Partiamo dal secondo. Arriverà in libreria il prossimo 27 gennaio per le edizioni Grasset, ma le polemiche a priori e le condanne preventive già fioccano su Penser l'islam, il nuovo libro del pensatore, molto liberal, Michel Onfray, un dialogo tra il filosofo e la giornalista algerina Asma Kouar, arricchito anche da un testo inedito, Puissance et décadence, nel quale Onfray ragiona sul Vecchio continente. Ne esamina le radici, i valori e, soprattutto il futuro. Da quanto ha preannunciato l'editore, alla base del lavoro c'è una critica dura e molto articolata dell'islam e della sua capacità di integrarsi con la cultura occidentale: «Citando numerose sure e confrontando le interpretazioni, pone i musulmani dinanzi alla realtà di un testo che, accanto a slanci sublimi, dà ugualmente spazio alla crudeltà, all'odio per le donne, allo spirito di conquista».

Per parlare bisognerebbe aspettare di aver letto il libro ma i punti di contatto con l'esplosivo romanzo di Michel Houellebecq, Sottomissione, sembrano essere evidenti. Tanto è bastato per far partire il fuoco di fila della stampa che caldeggia il politicamente corretto. Una sorta di «dagli all'untore»: il libro del «traditore» Onfray non andrebbe letto, a prescindere. Giusto per fare qualche esempio. Bruno Roger-Petit, editorialista di Challenges, ha descritto Onfray come un «modello compiacente dell'estrema destra disinibita con addosso una camicia nera anti Bernard-Henri Lévy». Ma a far saltare la mosca al naso ad altri è proprio il fatto che Onfray sia un alfiere della sinistra laica. C'è chi ha chiosato così: «L'idolo marcescente di una parte non trascurabile della sinistra varca il Rubicone che lo separava dalla pura e semplice estrema destra».

Sotto attacco anche un saggio appena uscito di Pierre Manent: Situation de la France. In questo caso forse il «linciaggio» era più scontato essendo Manent cofondatore della rivista Commentaire, animatore del centro Raymond Aron e autore di contributi chiave sul liberalismo. Insomma, è un bersaglio naturale per la gauche. Certo, il fatto che sia lui sia Onfray (almeno secondo le anticipazioni) da punti diversi giungano alla stessa diagnosi dovrebbe far riflettere. Anche secondo Manent: «L'islam fa pressione sull'Europa... e avanza in Europa attraverso l'insediamento di popolazioni musulmane numerose all'interno di nazioni come la Francia. Fa pressione sull'Europa attraverso l'influenza crescente dei Paesi del Golfo a capitale illimitato... La situazione comporta poi un terzo elemento: il terrorismo islamico. E dunque dobbiamo difenderci».

È chiaramente la presa d'atto di una minaccia, non una dichiarazione di guerra. Ma come dichiarazione di guerra è stata interpretata da quella sinistra francese che parla soltanto di diritti e mai di doveri. Forse anche perché Manent analizza tutte le aporie di queste posizioni. «Chi sa parlare solo il linguaggio dei diritti individuali non tratterà mai in maniera pertinente alcun problema sociale o politico»: una posizione di questo tipo contrappone, secondo il pensatore, un'Europa buonista e troppo relativista - «ubbidisce ormai a un principio di indeterminazione e di mancanza di limitazione» - a un Islam «imperiale» che si fa forte del «potere illimitato della legge divina». Il che è paradossale visto che altre religioni, come quella cristiana, vengono fortemente attaccate, nel Vecchio continente, in nome della laicità. Ed è da anni che Manent denuncia questo doppiopesismo.

Ci sarebbe di che discutere. Ma in Francia un pezzo di Paese si rifiuta di farlo, preferisce l'ostracismo, che tocca anche altri autori. Ai primi di ottobre è stato Libération, il principale quotidiano della gauche, a chiedere di silenziare le voci che danno l'allarme con una lunga articolessa del direttore Laurent Joffrin. Un passaggio per gli altri: «Onfray la sera, Debray nel pomeriggio, Poloni per colazione, Ménard per pranzo, Finkielkraut per la cena, Elisabeth Lévy si presenta per l'amaro, Morano tutto il giorno e Zemmour a ogni pasto. Una vera indigestione». Secondo Joffrin c'è una banda di «polemisti reazionari» con la fissa della Francia bianca e cristiana che andrebbe semplicemente ignorata.

Sarebbero: «Falsi martiri, falsi esclusi, falsi dissidenti e falsi profeti» che sfruttano la questione islamica e si rifiutano di vedere che l'integrazione funziona benissimo.

Insomma, non siamo più tutti Charlie Hebdo, anzi, in meno di un anno la libertà di critica è già andata nel dimenticatoio. Succede solo all'ombra della Tour Eiffel?

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