Simone Frasca, numero 1 che lavora per «under 10»

Simone Frasca, numero 1 che lavora per «under 10»

nostro inviato a Mantova


È lo scrittore più presente al festival: tra laboratori, incontri e letture conta sei appuntamenti in quattro giorni. È quello che ha in bibliografia più titoli, 60 come illustratore e una dozzina come autore. È quello che ha lavorato per più case editrici: Piemme, Giunti, Disney, Dami, Edt, Feltrinelli, Mandragora, Lapis, Capitello, Einaudi, Mondadori («Questa mi mancava. Quest'anno ce l'ho fatta»). E, probabilmente, a conti fatti, se è vero che la letteratura per ragazzi è quella che divora la fetta più grossa del mercato librario, è anche quello che ha venduto più copie. Almeno 300mila per le storie scritte, oltre il mezzo milione se si contano anche quelle illustrate. Non per questo è però lo scrittore che guadagna di più.
Antidivo sconosciuto al grande pubblico e autore misterioso ignorato dai giornali, in qualche modo Simone Frasca è un protagonista silenzioso di Festivaletteratura, quest'anno molto understatement, orfano di superstar intellettuali, parsimonioso di grandi eventi, dal profilo sempre riconoscibile, nonostante la skyline sbrecciata dal terremoto, ma basso. E così Frasca, scrittore e disegnatore di libri per l'infanzia, da 4 a 10 anni, alter ego di piccoli eroi di carta dalla simpatia inversamente proporzionale all'igiene, come Bruno lo zozzo, un must per i bambini (e per molti papà), alla fine qui a Mantova svetta come un piccolo gigante.
Gigante nel raccontare storie per i piccoli ed elfo invisibile per i più grandi, 50 anni, da venti nel mondo dei libri, Simone Frasca passa metà del tempo a creare storie e l'altra metà a raccontarle: «Giro scuole, laboratori, piazze, festival: una storia ha senso se qualcuno la ascolta». Di sé - oltre al fatto di essere nato a Firenze e di vivere sulle colline attorno alla città, un luogo che su di lui ha un effetto molto inspirational, come dicono gli inglesi che amano il Chiantishire - narra che ha preso la maturità linguistica e si sarebbe persino laureato in Storia dell'arte se un tratto del destino non l'avesse portato negli anni Ottanta a Milano, dove ha scoperto che vivevano gli «illustratori» e dove ha lavorato in grandi studi di pubblicità. Poi, a un certo punto, ha preso matita e righello e ha tracciato una bella riga. Di là il mondo dei manager, del business e dei loghi, di qua quello degli orchi, dei libri-gatto e dei megapanettonesauri. Cancellò il primo e colorò il secondo. Tornò a Firenze, aprendo uno studio-officina di illustrazione.
In fondo, fin da piccolo, quando i suoi eroi erano Cocco Bill e Paperino, l'Uomo Ragno e Hulk, oltre al paleontologo, l'archeologo e l'esploratore - come tutti noi - voleva fare il fumettista. Ci è riuscito. Oggi fa l'«illustra-autore». Inventa mondi, scrive testi e li disegna. Il primo successo, un long seller che ha avuto parecchi sequel, è Bruno lo zozzo, per la cui prima avventura vinse, nel 1996, l'«European Picture Books Collection Award». Bruno è un bambino a cui non piace tanto fare il bagno e che ha un amico immaginario con cui si rotola nel fango e salta nelle pozzanghere: il maiale Giovanni. «In qualche modo Bruno sono io da piccolo, anche se a me non è successo proprio tutto quello che succede a lui. Forse è per questo che ai bimbi piace». Anche a suo figlio? «Sì. Ha sei anni, e si diverte leggendolo. L'ho già rovinato».
Rovinato dal mondo Disney, ma anche dai cartoni animati cecoslovacchi degli anni '60, uno per tutti Krtek, la talpina, venuto su a Jacovitti, Novello, Pazienza, Moebius e Hugo Pratt («e tutti i disegnatori, specialmente i francesi, del Corriere dei Piccoli e dei Classici dell'Audacia degli anni '70... e poi più tardi i disegnatori del New Yorker, Joe Sacco, Art Spiegelman e i neo-pop»), Simone Frasca guarda tutto, legge di tutto, gira dappertutto: cinema, cartoon, internet, videogiochi, dalle favole digitali della Pixar ai film d'animazione giapponesi di Hayao Miyazaki. «Sono onnivoro, e ogni cosa può essere fonte di ispirazione. È quello che dico ai bambini: tenete gli occhi e le orecchie aperte, registrate tutto, da dove meno ve lo aspettate può arrivare il personaggio più bello, l'avventura più strana». Come quelle del suo Capitan Fox, o di Bruno e dei suoi amici invisibili, o di Fiorino, la mascotte che ha inventato per il sindaco di Firenze Matteo Renzi - uno che di media se ne intende -, un curioso personaggio che fa da guida per i più piccoli ai monumenti famosi della città.
È più difficile farsi ascoltare da Renzi o dai bambini? «Renzi in realtà mi ha risposto subito. Coi bambini ci vuole più pazienza, ma alla fine, se ci sai fare, li conquisti». Come? «Basta non perderli di vista, sia quando sei nel tuo studio a scrivere, sia quando li hai di fronte. Devi scendere verso di loro, in tutti i sensi.

Se vedi un bimbo distratto o che disturba, non dirgli “Zitto!”. Devi andare da lui e coinvolgerlo. Ovviamente mantenendo ferme le differenze di ruolo e di età. Non voglio rivendicare il mito di Peter Pan, per carità. Un personaggio, peraltro, che mi sta anche antipatico».

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