Per fortuna è (quasi) finita. Sarà che sto invecchiando, ma stavolta è stata più dura del solito. Scrivere a tutti e rispondere a tutti, dico. È disumano. Eppure l’ho (quasi) fatto, come sempre, prigioniero della coazione al conformismo, «il lubrificante indispensabile per il funzionamento di qualsiasi comunità, sotto ogni cielo, in ogni tempo», come mi diceva quel maestro di cerimonie che fu il conte Giovanni Nuvoletti, una specie di ministro della Real Casa, visto che aveva sposato Clara Agnelli. Capitemi, c’è stata anche l’aggravante, per me, di Santo Stefano, non per nulla protomartire. Ma se ora penso al 31 dicembre, e all’inesorabile 1° gennaio che lo seguirà, mi sento male. «Buon 2010», «felice anno nuovo», «12 mesi alla grande». Basta, mi arrendo, pietà!
L’auguromania che dilaga via Sms ormai è una vera pestilenza. Peggio dell’influenza suina. Fa bene solo ai gestori della telefonia mobile: 600 milioni di messaggi spediti tra Natale e Capodanno, addirittura un miliardo secondo alcune fonti. Ma vi rendete conto? Proprio a me dovete mandarli?
«Marina e Tiziano augurano a tutti Buon Natale». E questi due chi saranno? Rispondo o non rispondo? Guardo il mittente: 3356037... Rapida ricerca nell’agenda elettronica del computer: il numero corrisponde al tecnico che nel 1998 mi ha installato l’impianto d’allarme in casa. Bravissima persona, Tiziano, per carità, anche se da allora non l’ho più rivisto. Ma la signora Marina? Fidanzata, moglie o socia in affari? Non la conosco. Me l’avesse almeno presentata. Ecco la prima tipologia di auguromane in modalità duale Gsm-Umts: quello che spedisce lo stesso messaggio a tutti i numeri salvati nella rubrica del suo telefonino. Si può? Eppure lo fanno, accidenti se lo fanno. In tanti. Non sono ancora riuscito a capire se hanno più paura di dimenticare o di essere dimenticati. Nell’uno come nell’altro caso, però, è come se ti dicessero implicitamente che il loro concetto di amicizia non va oltre l’identità Tim, Vodafone, Wind, 3. Vi pare bello, proprio a Natale? Dài!
Ci sono gli astuti che fanno la stessa cosa ma hanno la delicatezza d’animo di personalizzare il messaggio aggiungendo un «caro Stefano». Lo capisci subito dal fatto che mettono il tuo nome di battesimo o all’inizio o alla fine dell’Sms. Avete ragione, ragazzi, mica facile armeggiare col pollicione nel bel mezzo del testo. Però lo sforzo è apprezzabile: almeno per un istante, hanno pensato a te, solo a te, e non all’intera rubrica. Quindi non gli risponderò con la frase di rito («Contraccambio di cuore») che ho salvato fra i modelli del Nokia. Non se la meritano. Manderò una risposta personalizzata. Ma intanto le ore volano e la sacra famiglia, quella domestica, reclama. Una vita di scorta, ci vorrebbe a Natale.
Poi ci sono i brillanti che mandano in copia ma copiano bene. S’impossessano dell’Sms più carino e te lo girano. Quello che segue, delizioso nella sua perfidia, me l’ha spedito un famoso pierre che lavora nel ramo comunicazione e pubblicità, quindi magari è farina del suo sacco, chissà: «Caro Bambino Gesù, quest’anno ti sei portato via il mio cantante preferito Michael Jackson, il mio attore preferito Patrick Swayze, la mia attrice preferita Farah Fawcett, il mio presentatore preferito Mike Bongiorno, la mia poetessa preferita Alda Merini. Volevo dirti che il mio politico preferito è Antonio Di Pietro e che l’anno non è ancora finito. Auguri».
Ovviamente c’è anche l’Sms dettato da sincero trasporto affettivo, ci mancherebbe. Ma, essendo lo strumento inflazionato, nel compiere il bel gesto non puoi fare a meno d’interrogarti sul modo in cui verrà percepito: sentimento di gioia o rottura di balle? Nel contempo non puoi nemmeno correre il rischio che il destinatario prescelto ti preceda nel rituale: rimedieresti una figura barbina. Quindi, nel dubbio, ti lanci e scrivi, pervaso da un sottile senso di colpa, come se andassi a disturbare in casa d’altri.
Bei tempi quando da bambino il curato ci mandava casa per casa nel quartiere a vendere pacchetti di cartoline a soggetto natalizio, dieci per 100 lire, incasso da devolvere alla Conferenza San Vincenzo de Paoli per l’aiuto ai bisognosi. Andavano via come il pane. Noi non lo sapevamo, ma allora i cristiani scrivevano con carta e penna.
Oggi gli unici auguri postali sono rimasti quelli che accompagnano un omaggio. Oh, graditissimi, intendiamoci. A patto che non li recapitassero i corrieri. Il 17 dicembre la Sda (Poste italiane) mi ha scaricato sull’uscio di casa una badilata di cocci verdi galleggianti in un litro o due di Refosco. Tiro a indovinare: credo che in origine fossero le sei bottiglie che i miei amici fratelli Rossetti, quelli che fanno camminare il mondo, mi regalano ogni anno, bontà loro. È successo questo: la Sda ha distrutto il carico ma, anziché avvisare il mittente, ha travasato il vino restante in un involucro di nylon, sigillato col nastro adesivo e avvolto per precauzione con i sacchi usati dai portalettere per la corrispondenza («Poste italiane» e «Ad uso archivio», c’è stampigliato sopra, roba che potrei essere sospettato della rapina al treno postale non dico Glasgow-Londra ma Venezia-Milano sì), poi mi ha consegnato il tutto. Ho chiamato la sede locale della Sda per protestare. «Ha ragione, abbiamo anche la foto», ha ammesso l’operatore. Da restare interdetti. Distruggono, documentano, recapitano. «Chiami il numero verde. Forse bisognerà aprire una pratica di reclamo». Forse. Mezz’ora al telefono per apprendere che «il reclamo può essere aperto solo dal cliente che ha pagato la spedizione». Berrò dall’involucro di plastica stando attento alle schegge, che devo dirvi?
Sull’altro versante dell’auguromania resistono le mail, ormai ridotte a due tipologie: quelle con annessa postcard greeting (clicchi su un link e ti compare sullo schermo del computer una renna travestita da Babbo Natale che canta Jingle Bells) e quelle spedite infilando tutti i contatti di Outlook nella casella «Cc» (copia conoscenza). Ciò determina che: 1) tu sia messo al corrente in un sol colpo della ragnatela di amicizie dell’incauto; 2) tutti apprendano che tu sei in contatto con chi scrive; 3) molti rispondano, senza saperlo, all’intera rubrica del mittente. Infatti il preside del liceo di mia figlia mi ha inconsapevolmente girato la mail con cui contraccambiava gli auguri di una galleria d’arte. Com’è piccolo il mondo. A beneficio degli analfabeti informatici, preciso quanto segue: su Outlook Express si va sul menù «Visualizza» e si spunta la voce «Tutte le intestazioni» (comparirà la casella «Ccn»); su Outlook si va su «Opzioni» e si spunta «Ccn», che sta per «Copia conoscenza nascosta». La prossima volta i vostri indirizzi metteteli in quella finca lì, per favore. Solo così il Garante per la privacy non avrà nulla da ridire.
Ultima annotazione, non saprei se antropologica o teologica. I più previdenti - laici, agnostici, atei e anticlericali - la vigilia di Natale sono obbligati ad augurarti buon anno non potendo per cause di forza maggiore riferirsi alla nascita del Salvatore. Sono quelli per cui provo maggiore tenerezza: riconoscono la grandezza dell’evento, pur evitando di coinvolgersi. Ma il fatto che si facciano vivi proprio il 24 dicembre, anziché il 31, suona come un’indiretta conferma delle parole che Blaise Pascal fa dire a Gesù: «Tu non mi cercheresti affatto, se non mi avessi già trovato».
Infine, graziaddio, vi è anche chi per scelta o per costrizione è totalmente immune dall’auguromania. Puoi inviargli un Sms, puoi anche spedirgli un pandoro a casa, non ti risponderà comunque. Buon segno: significa che ha troppi impegni anche a Natale e che non lo angustia la peggiore delle compagnie, la noia. In alternativa, che il pandoro se l’è mangiato il corriere.
Ma noi che scriviamo e che rispondiamo dovremmo sempre tenere a mente la grande benedizione che ci è toccata in sorte. Mai conosciuto nessuno che voglia bene davvero senza aver speso almeno due minuti del suo tempo per un amico.