Cultura e Spettacoli

Le sorprese nel dizionario etimologico

L e vere sorprese sull’attualità italiana? A rivelarcele non è l’ennesimo romanzo noir che pretende di raccontarci la nazione attraverso affreschi quanto meno discutibili, ma un vocabolario. Ed in particolare il nuovo L’Etimologico edito da Le Monnier e curato da Alberto Nocentini - professore ordinario di Glottologia e Linguistica generale presso la facoltà di Lettere dell’università di Firenze, Accademico della Crusca e ultimo allievo di Giacomo Devoto. 1376 mila pagine e 48 mila voci che rappresentano la chiave per comprendere le nostre radici culturali. In una società come la nostra, dove ci si allarma per la sparizione dei dialetti, forse sarebbe ora di interrogarsi su come usiamo spesso impropriamente la lingua italiana. Mentre le edicole sono affollate di corsi di tedesco, francese ed inglese, sarebbe forse doveroso un corso di italiano «base» a dispense. Sono anni che lo propongo agli editori, ma preferiscono sempre «Come costruire un veliero in casa» o «Come diventare scrittori senza leggere». Curiosando tra le pagine de L’Etimologico (euro 78, compreso cd rom e consultazione on line) ci si (ri)accorge di quanto il nostro quotidiano sia invaso da stravolgimenti di senso.
Quando, ad esempio, diciamo «Ma che bella persona» non facciamo un complimento perché «persona» viene dal latino persona-ae che significa «maschera teatrale». D’accordo, la vita ormai è una farsa; d’accordo, come scrive Shopenhauer «la vita è una tragedia recitata da commedia», ma se potessimo scendere dal palco almeno attraverso le parole sarebbe già un passo avanti. E ora che reiniziano le scuole almeno altre due parole sarebbero da riprendere in considerazione. «Educare» proviene dal latino «ex ducere», cioè «portare fuori» quello che uno pensa. Non sempre è così: a questo proposito è sempre attualissimo ciò che Giovanni Papini ha scritto nel 1919 tra le pagine del suo (purtroppo misconosciuto) pamphlet Chiudiamo le scuole: «Gli insegnanti troppo di sovente piantano nozioni nelle teste recalcitranti degli studenti come fossero chiodi». Imparare a studiare? In molti sembrano aver imparato la lezione. Ci sono infatti due accezioni di studiare: il verbo latino «studere» significa «interessarsi di» ma anche «ingegnarsi di». E sempre in materia "scolastica" lascia perplessi la parola «accademia», dal greco «Akadémia», che in origine designava «un bosco presso Atene sede del ginnasio in cui faceva scuola Platone». Lasciando perdere che è sempre più raro incontrare tra gli insegnanti un altro Platone o almeno uno che conosca Platone, il problema è che nelle nuove «accademie» sembrano dominare acciaio, vetro e cemento più che parchi rigogliosi da campus americani.
Si parla di continuo anche di criminalità organizzata ma probabilmente in pochi sanno che «mafia» ha a che fare con l’apostolo Matteo. Il termine deriva dal nome arabo «Màf(f)ia», variante popolare di Matteo (dall’arabo Mahyàs), che indica «un uomo spocchioso». Come si legge nel Vangelo (Luca 5.29) Matteo,che a differenza degli altri apostoli era di elevata estrazione sociale, era solito darsi a banchetti sontuosi. Un atteggiamento che per gli ascoltatori delle sue prediche era ritenuto «spocchioso». «Camorra», invece, deriva da «gamurra», veste femminile, e il termine veniva usato con lo stesso senso della locuzione toscana «far camiciola» per «frodare al gioco» mentre «’ndrangheta» deriva da una parola greca bizantina che significava «uomo buono e valoroso e deciso a tutto per imporre il proprio rispetto». «Casta», parola entrata ormai nel gergo comune, non indica i privilegi dei politici ma significa «purezza della razza». Sorprendente anche il significato originario di ministro : significa «servitore» (dal latino «minister») o compagno «che mangia il pane assieme». Non sempre è proprio un «compagno» ma tant'è.
In tempi (im)mediati, dove tutto sembra non lasciar traccia sugli sche(r)mi televisivi delle nostre vite, la parola «monitor» deriva, invece, dal latino e significa «che si fa ricordare». A proposito di vite da ricordare, adesso che l'estate favorisce gli eccessi, una smentita per tutti coloro che vogliono una «vita spericolata»: la canzone di Vasco Rossi, entrata nei vocabolari da anni, non significa «piena di guai», ma è legata al «periculum», «tentativo, esperimento», che deriva a sua volta dal verbo «periri», sperimentare.

Prima di vivere «una vita come quella dei film», di darsi al vuoto pneumatico e rumoroso della movida, vale la pena ricordarlo.

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