Cultura e Spettacoli

La stretta di mano all'americana che piace (solo) agli scrittori italiani

da Mantova

Qui al Festivaletteratura tutte le categorie di autori che erano in auge anche solo poco tempo fa: giallisti, noiristi, scrittori di fiction, faction, eccetera si sono appianate riducendosi in due tipi di scrittori: quelli che ti danno la mano normalmente, come una volta, e quelli che invece la stringono all'americana come se dovessero fare una gara di braccio di ferro. Di solito quelli che la stringono a braccio di ferro sono italiani, gli altri invece la porgono ancora come dio comanda. Ho visto Okei Ndibe, sdoganato da Wole Soynka, con un paio di scarpe nere, pantaloni neri, maglia nera, suola delle scarpe azzurra. Lui la mano la dà come una volta. E ride e si diverte. Poco distante seduto a un tavolino in plastica Philippe Forest fuma un sigaro e in mezzo a tutti gli scrittori salutisti e vegani, vedere uno che se ne sbatte della propria salute fa sempre piacere. Anche Forest è vestito di nero, occhialoni neri, pallore esistenzialista. Fuma, fuma Philippe, ed è serissimo. A.F Harrold si presenta con Borsalino bianco di paglia, giacca a quadri grigia e barba rossa alla ZZ Top. Lui stringe la mano normalmente. Chissà quando è avvenuto in Italia il fenomeno che ha sdoganato la stretta all'americana.

Un'ipotesi: dopo la prima Leopolda. Veronesi deve essere uno che ti dà la mano all'americana, Baricco, Nesi, Ammaniti, che ne so Carofiglio e Genna, la daranno all'americana? Renzi quando svacca fa la stessa cosa. Ora è molto in auge anche l'abbraccio all'americana; quegli abbracci che vedi in certi film d'essai. Abbracciatone emotive. Ho visto quelli del Teatro dei Sensibili di Ceronetti abbracciarsi così per minuti. Devono averglielo insegnato alla scuola di Grotowski. Il mondo va a rotoli, gli scrittori italiani si danno di gomito stringendosi la mano all'americana, e loro si abbracciano. Guardandoli per momenti infiniti, questi del metodo, scorgo lì in mezzo una minuscola montagna che non guarda nessuno, non stringe mani e indossa un meraviglioso basco grigio. È Guido Ceronetti. Mi avvicino, domando come va. Male, molto male, mi risponde. Poi passa il Premio Nobel Soynka, una signora che chiede la carità gli si avvicina e lui: «How are you?». Le dico: Quello ha vinto il Nobel. Lei mi guarda smarrita e dice: «A sì?». Poi chiede anche a me soldi. Le do 2 euro.

Uno è mio, l'altro lo do per il Nobel.

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