I figli di Sofocle volevano fare interdire il padre: continuava a scrivere le sue tragedie, anche in età avanzata, senza badare al patrimonio di famiglia. Lo portarono in tribunale e «il vecchio, così si racconta, declamò ai giudici la tragedia che, da poco composta, aveva fra le mani, Edipo a Colono , e chiese se quell'opera sembrasse scritta da un rimbambito. Finita la declamazione i giudici decisero di proscioglierlo». Le parole sono di Cicerone, nel De Senectute , e a citarle è Marc Augé nel saggio Il tempo senza età (Raffaello Cortina Editore, uscito sul finire del 2014 e rilanciato dal Salone del Libro di Torino). Ma la vera dichiarazione d'intenti è il sottotitolo: «La vecchiaia non esiste». Vecchiaia che è al centro dell'attenzione in saggi e film, perché è la grande questione da affrontare per la nostra società sempre più agé da un lato, e sempre meno disposta ad accettare il procedere inevitabile del tempo dall'altro.
Certo, all'etnologo francese è capitato che qualche giovane si alzasse in metropolitana, «prego, si sieda», come si fa con un vecchio signore; certo, gli altri forse lo vedono anziano, ma lui non si sente tale. «È forse possibile sentenziare sulla lucidità e l'intelletto di un essere umano?». L'esempio di Sofocle potrebbe anche bastare, ma non è così. La vecchiaia non esiste, spiega Augé, anche perché «come fonte di sapere o accumulo di esperienze» è ampiamente sopravvalutata: di quali virtù specifiche si parlerebbe, infatti, se non di stereotipi triti sulla saggezza? Eppure, anche se uno l'età non se la sente, il mondo è sempre pronto a ricordargliela: addirittura la lingua inglese, impietosa, per chiedere l'età ricorre alla formula «how old are you?», cioè letteralmente «quanto vecchio sei?», e la risposta inchioda al calendario: «I am 80», io «sono» ottant'anni, sono i miei anni, «attraverso i quali mi trovo condannato a definirmi». Sembra che non ci sia scampo, però una via d'uscita esiste: il tempo. A differenza dell'età, che imprigiona in una categoria, il tempo libera, perché non è l'etichettatura, bensì l'etichettato (prima di essere marchiato); e per «riaprire il tempo» si può fare come Rousseau, che scrive, e «la scrittura è lo strumento che gli permette di sostituire l'età con il tempo».
Insomma, «tutti muoiono giovani», perché i vecchi non ci sono, non per davvero: «La vecchiaia è come l'esotismo: gli altri visti da lontano con gli occhi degli ignoranti». Sarà anche il terrore di avvicinarsi alla fine, a spingere a negare quella che sembra un'evidenza banale, ma certo è vero, l'età può essere un vincolo che corpo e cervello si rifiutano di accettare. Però il vincolo c'è. È la risposta che arriva dall'altra parte del Reno, dove Wilhelm Schmid insegna filosofia (all'università di Erfurt) e tiene conferenze su un'arte antica, quella del «saper vivere». Che in questo caso diventa «l'arte di saper invecchiare», come da sottotitolo del suo saggio Serenità (Fazi, pagg. 90, euro 14): perché in un mondo che invecchia, ma non lo accetta, c'è bisogno di fare i conti con la realtà e quindi, anziché i trucchi dell' anti-aging , serve piuttosto una art of aging , anch'essa coi suoi sotterfugi, i suoi metodi per rendere più leggero il passaggio più arduo, l'ultimo. E perché prima del passo finale ce ne sono molti altri da affrontare, decadenze più o meno percepibili del corpo e della mente, disagi più o meno pesanti per la vita quotidiana, dolori fisici e lutti del cuore, solitudine, affetti che sbiadiscono in ricordi, abitudini cui ci si aggrappa come pilastri dell'esistenza.
Ecco, appunto, le abitudini. Non c'è niente di male a essere abitudinari, spiega Schmid: è così difficile ammettere l'importanza della routine solo perché la società la considera da mentecatti, perché «la noia è il nemico mortale dell'uomo moderno» e quindi un uomo abitudinario è un reietto. E invece no, i rituali «semplificano la vita», e questo è solo uno dei dieci passi suggeriti dallo studioso tedesco per arrivare all'obiettivo: la serenità, l'atarassia epicurea, l'imperturbabilità di fronte al trafficare del mondo, la Gelassenheit di Meister Eckhart, l'abbandono che è tutto il contrario della « coolness simulata», la calma esibita da chi in realtà si sente vivere solo se è sempre attivo e impegnato (o almeno pensa di esserlo). Il programma di Schmid è: «Invece di sprecare tutte le forze nella battaglia contro la vecchiaia penso sia meglio concentrarmi con piena autocoscienza sulla vita che si nasconde sotto le mie rughe».
Non è lo stesso obiettivo di Augé, alla fine, solo dalla via opposta? La via, certo, ha un senso, ma ognuno trova la propria. Due vecchi amici come Harvey Keitel e Michael Caine, per esempio, seguono la loro personale traccia del tempo in un centro termale svizzero: fra ricordi e dimenticanze, sono i protagonisti di Youth - La giovinezza , il film di Sorrentino dedicato, in realtà, alla vecchiaia.
La giovinezza è quella perduta, impossibile quanto il corpo meraviglioso di una dea (Madalina Ghenea): per affrontare la vecchiaia serve la leggerezza, e in qualche modo la natura provvede a regalarla, col tempo. E pazienza se è solo un'illusione, del resto ogni età ha la sua.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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