Storia d'assalto

Wounded Knee, un oscuro episodio della storia americana

Nel 1890 i soldati del Settimo Cavalleggeri circondarono una carovana di Lakota. La mattina successiva, dopo l'ordine di disarmo, avvenne un massacro in cui non furono risparmiati nemmeno donne e bambini

Wounded Knee, un oscuro episodio della storia americana

Il 29 dicembre del 1890 la valle di Wounded Knee è coperta solo di neve. Un gruppo di Lakota Sioux, i Miniconjoudi, marcia al comando di Piede Grosso, un capo tribù che aveva deciso di recarsi Pine Ridge per riunirsi alle forze di Nuvola Rossa. La morte di Toro Seduto, avvenuta pochi giorni prima durante un concitato arresto da parte di alcuni agenti federali, aveva allarmato tutti i capi pellirosse. Il pericolo, per molti capi tribù, era che il governo degli Stati Uniti, terrorizzato da quella strana "danza degli spiriti" che serpeggiava tra la popolazione nativa, iniziasse ad arrestare e uccidere le personalità più importanti delle riserve.

La vita è difficile per gli "indiani d'America". Le guerre con le truppe degli Stati Uniti stanno ormai terminando con la vittoria dell'esercito "bianco". Le tribù indigene, che prima avevano combattuto i coloni e poi le forze regolari degli Imperi e dopo degli Stati Uniti, si sono ormai concentrate nelle riserve. Ma le condizioni imposte dal governo sono molto diverse da quelle che i più illusi si aspettavano. Privati dei loro territori di caccia, dei bisonti, e di tutto quello con cui erano vissuti per millenni, i nativi sopravvivono a stento in quei territori. E in tanti iniziano a sperare in una rivolta che ponga fine a quella miseria a cui erano condannati da Washington.

Così, tra "indiani" convertiti e non, tra chi parla l'inglese e chi ancora fieramente utilizza solo la lingua degli antenati, inizia a circolare un nuovo movimento religioso: la Ghost Dance, la Danza degli spiriti. Inventata da Wovoka, un santone pellerossa noto anche con l'appellativo anglofono di Jack Wilson, è una danza rituale che promette il ritorno dei nativi alle proprie terre e la scomparsa dell'uomo bianco. Qualcuno pensa addirittura che quella danza, insieme ad alcuni speciali indumenti, rende gli uomini invulnerabili ai proiettili. Molti seguaci credono che gli spirti dei defunti torneranno con loro e cavalcheranno di nuovo su quelle praterie una volta strappate ai "bianchi". Sta di fatto però che quel nuovo strano culto che unisce animismo e qualche elemento cristiano, preoccupa gli statunitensi. Al punto che questi inizano a punire violentemente chiunque si avvicini a questi rituali e a disarmare le tribù dove avvengono queste danze incomprensibili e selvagge per le milizie americane.

La morte di Toro Seduto, avvenuta in strane circostanze proprio mentre sul suo campo ci sono seguaci di questa danza, è il segnale d'allarme. Piede Grosso, che con il suo gruppo Lakota è stato stato investito dalla Danza degli spiriti, si sente braccato. Sa che una volta morto Toro Seduto (e con lui suo figlio, Piede di Corvo), è solo questione di tempo e decide di unirsi a Nuvola Rossa, nella riserva di Pine Ridge. Parte insieme a centinaia di uomini, vecchi, donne e bambini dalla zona del torrente Cherry, dove vive la sua comunità, iniziando una lunga marcia in un inverno che non lascia scampo. Il freddo colpisce direttamente anche la sua salute. E il capo "indiano", durante la marcia per unirsi all'altra tribù, contrae la polmonite. Una forma gravissima, tanto che ormai le sue vesti sono ricoperte di sangue e il condottiero è costretto a muoversi disteso su un carro.

Il 28 dicembre, però i Minneconjou di Piede Grosso fanno però una terrificante sorpresa: non sono più soli. Durante il loro percorso, mentre costeggiano Porcupine Butte, il gruppo di Lakota è intercettato dal 7° cavalleggeri del maggiore Samuel Whitside. Piede Grosso sa che non può combattere e sventola una bandiera bianca. La sua carovana è fatta di tanti civili, vecchie, bambini, donne, lui sente che potrebbe morire da un momento all'altro e solo poche decine di combattenti sono armati di fucile. Non resta altro da fare che sperar e che quegli squadroni a cavallo che li circondano siano rassicurati da quel drappo candido che sventola dal carro del capo tribù. Forsyth appare in un primo momento accettare, ma indica al gruppo di nativi di spostarsi più a ovest, a Wounded Knee. Li costringe a mettere lì le tende, sulle rive del torrente dove qualcuno pensa sia stato sepolto nella pelle di un bisonte il mitico Cavallo Pazzo.

I pellerossa accettano sotto la minaccia di squadroni di cavalleria e di quei pezzi d'artiglieria montati intorno a loro e pronte a fare fuoco su quel fazzoletto di terra. Impossibile fuggire da Wounded Knee; mentre combattere significa morire nel giro di pochi minuti. La notte cala sull'accampamento mentre una fitta neve non abbandona mai quel luogo. Arriva l'alba e il colonnello James W. Forsyth, che ha appena preso il comando delle operazioni, ordina il disarmo. Si vocifera che saranno tutti spediti in un campo di prigionia e non arriveranno mai nelle riserve.

La tensione è altissima. I cavalieri del Settimo reggimento si avvicinano ai combattenti Minneconjou ma qualcosa va storto. Qualcuno dice che alcuni combattenti Lakota hanno iniziato a cantare le canzoni della Danza degli spiriti, innervosendo i militari dell'esercito Usa che temono un'imminente battaglia. Altri raccontano che uno dei nativi, Coyote Nero, non ha risposto all'ordine di lasciare le armi e dal suo fucile Winchester è partito un colpo accidentale. C'è chi dice sia sordo, chi non capisce l'inglese, chi invece un traditore, che non ha rispettato i patti con l'esercito americano. Ma quel colpo è l'inizio della fine. Prima si sente un altro sparo, poi altri dieci, infine, come racconteranno i testimoni sia tra i superstiti nativi che tra gli americani, partono colpi all'impazzata fino a quelli dell'artiglieria. In pochi minuti, il fumo si innalza da tutti i fucili del reggimento mentre i nativi, ormai disarmati sono tutti falciati dai proiettili americani. A quel punto, molti storici ritengono che i soldati sono ormai in preda a una furia omicida, senza alcun tipo di controllo da parte dei comandanti. Sparano su donne, madri con i figli tra le braccia, vecchi, giovani disarmati, cavalli, cani. Un massacro che lascia sul campo centinaia di vittime, alcune delle quali rincorse al solo scopo di trucidarle. Quando il fuoco dei fucili e dell'artiglieria cessa, la neve inizia a coprire con il suo gelido silenzio i corpi delle vittime, che per giorni, insieme ai feriti, rimarranno a congelare sotto un tappeto bianco e sporco di sangue.

Lo storico Dee Brown, autore del libro "Seppellite il mio cuore a Wounded Knee" stima che i morti sono stati 300 tra i nativi e circa 25 tra i "visi pallidi", molti dei quali morti per fuoco amico. Due giorni dopo la carneficina, il generale Nelson A. Miles scrive alla moglie una lettera in cui definisce quanto avvenuto a Wounded Knee come "il più terrificante e criminale errore militare e un orribile massacro di donne e bambini". I cadaveri verranno poi sepolti in una fossa comune mentre i pochi sopravvissuti sono trasportati a Pine Ridge. Il comandante Forsyth verrà prima condannato per quel massacro e poi riabilitato, mentre alcuni dei soldati saranno premiati con medaglie che ancora oggi dividono la politica americana. Per molto tempo, quella di Wounded Knee è stata considerata dalla storiografia ufficiale come una battaglia. Uno scontro tra due forze avversarie, esercito degli Stati Uniti e nativi Sioux, all'interno del più vasto conflitto passato alla storia come "guerre indiane". Nel tempo, tuttavia, gli studiosi hanno cambiato parere, fino a tramutare quella che era la battaglia di Wounded Knee nel "massacro".

Un eccidio che è stato l'ultimo grande scontro tra l'esercito degli Stati Uniti e un gruppo di nativi.

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