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D’Alema alla Camera: era giusto trattare nessuna autocritica

Oggi il dibattito. Berlusconi irritato dal sì della Lega all’indagine su tutti i sequestri: "Non si rendono conto di fare il gioco del premier?"

D’Alema alla Camera: era giusto trattare nessuna autocritica

Roma - Inizialmente Prodi aveva risposto con un deciso «no» alla richiesta dell’opposizione di un chiarimento in Parlamento sulla gestione del sequestro Mastrogiacomo. Ma alla fine, con il montare delle polemiche dopo l’uccisione dell’interprete Adjimal, anche Palazzo Chigi si è convinto a cambiare linea. Toccherà a D’Alema presentarsi questa mattina alla Camera per un’informativa che dovrebbe durare circa venti minuti. Un intervento nel quale il ministro degli Esteri ribadirà la «trasparenza» dell’azione del governo, spiegherà che «è stato fatto di tutto per salvare la vita dei due ostaggi trucidati» e insisterà sulla scelta di Strada come mediatore in quanto «unico e più titolato per un’operazione del genere» in territorio afghano. Insomma, come spiegava ieri sera al Tg1, Palazzo Chigi e la Farnesina «hanno agito con lo stesso criterio usato dal governo Berlusconi» in occasioni simili.
Ed è proprio partendo da questo assunto che i Ds rilanciano l’ipotesi di istituire una commissione d’inchiesta su tutti i sequestri di italiani in zone di guerra, proposta che nell’opposizione trova la sponda della Lega. Al punto che Berlusconi, pur continuando a seguire l’evolversi della situazione dalla Sardegna in assoluto silenzio, non nasconde con chi lo sente nel tardo pomeriggio tutte le sue perplessità sulla linea tenuta dal Carroccio («ma si rendono conto che in questo modo fanno solo il gioco di Prodi?», ripete a più di un interlocutore). Non è un caso, infatti, che il primo a lanciare l’idea di «togliere il segreto di Stato da tutti i sequestri» sia stato il vicepresidente dei senatori dell’Ulivo Latorre e che proprio ieri mattina il ds Brutti, peraltro vicepresidente del Copaco, abbia depositato un ddl per istituire una bicamerale sui sequestri «in aree di conflitto» dal 2001 a oggi. Insomma, il messaggio è chiaro: o si chiude la querelle su Mastrogiacomo, oppure si apre il vaso di Pandora su tutte le trattative degli ultimi anni. D’altra parte, neppure l’ex ministro della Difesa Martino, si sente «di escludere» che anche il governo Berlusconi «possa aver pagato riscatti». E chiaro, però, che quella che arriva dai Ds non può che essere una forzatura, visto che se davvero si decidesse di rendere pubblico l’operato dei Servizi nella gestione di vicende tanto delicate la nostra credibilità con i partner internazionali (non solo gli Stati Uniti) sarebbe messa ancora a dura prova. Con tutte le ripercussioni del caso. Così, al di là del ddl Brutti (che verdi e Pdci, fa sapere il capogruppo al Senato Palermi, sono «pronti a sottoscrivere») ma che la Margherita non appoggia, l’obiettivo è sostanzialmente quello di circoscrivere i margini di manovra dell’opposizione. E dunque, secondo Berlusconi, il fatto che Maroni insista sulla commissione d’inchiesta non fa altro che depotenziare le «legittime obiezioni» del centrodestra: sullo scambio di prigionieri, sull’affidamento della trattativa a Strada con conseguente commissariamento dei Servizi e sulla crisi diplomatica tra Roma e il governo Karzahi. Non a caso, il capogruppo azzurro alla Camera Vito si dice convinto che il ddl Brutti possa «generare ancora più confusione» poiché «già esiste una commissione deputata ad effettuare questo compito che è il Copaco». Insomma, «in questo momento non bisogna correre il rischio di dire parole fuori luogo». Una riflessione condivisa anche da An e Udc.
L’appuntamento, dunque, è per le 11.30 di questa mattina e, dice il vicepresidente della Camera Tremonti, «vedremo cosa dirà il governo».

Con il rischio, almeno stando a un primo sommario conteggio, che dopo avere chiesto con forza il dibattito l’opposizione si presenti in aula con qualche assenza di troppo causa ponte pasquale e ferie già programmate. E che, come dice Calderoli, finisca davvero «a tarallucci e vino».

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