Gianni Pennacchi
nostro inviato a New York
Se con Hezbollah bisogna dialogare perché è anche un partito politico con ministri e parlamentari oltre a sfornare terroristi, volete tagliar fuori Hamas che va be, non riconosce ad Israele il diritto allesistenza e alleva kamikaze, ma le elezioni le ha addirittura vinte? Non fa una piega il ragionamento del nostro ministro degli Esteri: fissato il postulato libanese la logica imponeva che prima o poi il teorema avesse una traduzione palestinese. E questa, è venuta ieri in conferenza stampa nel secondo giorno della sessantunesima assemblea generale delle Nazioni Unite, mentre nella cattedrale del Palazzo di Vetro oratori grandi e piccoli alternano i loro discorsi in un rosario che sembra infinito. Ha certamente ragione Massimo DAlema, quando dice che «lo status quo non è unopzione» praticabile ancora a lungo, e che a Gaza «si rischia la tragedia». Garantisce lappoggio dellItalia e dellintera Unione Europea agli sforzi di Abu Mazen che tenta di dar vita a un governo di unità nazionale al quale partecipino Olp e Hamas, anche se gli Usa premono sul presidente dellAutorità palestinese affinché freni su questa strada. Però il traguardo al quale sta intensamente lavorando il nostro negli intensi colloqui di questi giorni è quello di portare israeliani e palestinesi sul tavolo del Consiglio di sicurezza dellOnu, ove a gennaio siederà anche lItalia, oltre tutto. E se ciò può portare sotto tutela dellOnu Israele, che ha sempre rifiutato di «internazionalizzare» i suoi rapporti con l'Anp, è più che implicito pur se DAlema non lo dice.
A Gaza la situazione è insostenibile, è lincipit del ministro degli Esteri, «rimanere così, è un errore drammatico che può avere conseguenze incalcolabili», dunque occorre «una forte iniziativa della comunità internazionale per uscire da questa crisi, altrimenti tutta la situazione è a rischio, compreso il Libano. Perché non si può pensare che se si va a una tragedia a Gaza, ciò non si ripercuota immediatamente al Libano e allintera area mediorientale».
Domanda: dunque lei propone con Hamas, lo stesso atteggiamento che ha propugnato nei confronti di Hezbollah? E DAlema ha risposto: «Cè anzi una differenza: che Hamas le elezioni le ha vinte. Elezioni democratiche, controllate internazionalmente, volute dagli Stati Uniti. Quindi non è possibile formare un governo democratico palestinese, che non coinvolga Hamas. A meno che non si rifacciano le elezioni
forse può essere unopzione ma non spetta a noi decidere bensì al presidente palestinese. Dunque, se si vuole sbloccare la situazione, bisogna tenere conto del fatto che Hamas ha la maggioranza in Parlamento, ed è difficile fare governi senza la maggioranza. Il tentativo di Abu Mazen è quello di far nascere un governo su basi nuove, e noi dobbiamo sostenerlo». Condoleezza Rice però, ha chiesto ad Abu Mazen di frenare, sullunità nazionale con Hamas, gli è stato fatto notare. E lui, senza scomporsi: «A noi invece, ha chiesto aiuto e sostegno, e cercheremo di convincere anche il segretario di Stato americano che questa è lunica strada percorribile».
Per andare dove? Il titolare della Farnesina ha progetti lucidi e obiettivi chiari. Punta in alto, spera di risolvere quella che chiama «la questione israelo-palestinese». Ed ecco quanto bolle nella sua pentola: «Si lavora a una riunione del Consiglio di sicurezza dellOnu, su proposta della Lega araba; e lUnione Europea è favorevole a questa proposta». Con questo obiettivo: «Una riunione che si concluda con un documento che incoraggi il processo di pace, dando sostegno ad Abu Mazen nella formazione di un governo di unità nazionale palestinese».
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