Poche aziende si identificano con un territorio e con un vino come DAngelo «aderisce» al Vulture e al suo figlio praticamente unico, il principesco Aglianico. Nellarea vulcanica del Nord della Basilicata non mancano certo i produttori interessanti, che come nelle Langhe si pongono su vari gradi della scala che a un estremo ha la tradizione liturgica e allaltro linnovazione spinta. Ma di certo DAngelo è il più noto e forse anche il migliore. Unazienda secolare che oggi è guidata dai fratelli Donato e Lucio DAngelo, che hanno la fortuna (e lonere) di trarre il meglio da una trentina di ettari tra i più vocati di questo territorio.
Scarna la carta dei vini, con etichette tutte molto centrate. Ne abbiamo assaggiato per voi tre, tutte a base Aglianico in purezza. Il primo è il vino forse più noto di casa DAngelo, quel Canneto Igt che fu, una ventina danni fa, tra i primi rossi meridionali a essere affinato in barrique. Sono 18 i mesi che lAglianico trascorre coccolato dal legno francese: il risultato, almeno nellannata 2004 da noi degustata, è un vino di grande pienezza, che al naso esibisce forti note eteree e di tabacco e che in bocca ha il passo felpato ma deciso del vino elegante (circa 20 euro). Il Valle del Noce è invece un «cru» di Aglianico del Vulture doc che fa solo botti grandi: nellannata 2004 esibisce un naso deliziosamente speziato e in bocca freschezza e sapidità memorabili (circa 25 euro). Infine il Vigna Caselle, Aglianico del Vulture doc Riserva che abbiamo assaggiato nella vendemmia 2001: la tipologia è una di quelle più «vecchie» che la legge preveda, nel senso che dalla vendemmia allo scaffale devono passare almeno cinque anni, dei quali due in botte. Un vino nitido, persistente, con tannini che solo ora si vanno arrotondando, garanzia di un futuro ancora lungo (circa 20 euro).
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