Oltre un milione di persone nel mondo convivono con un linfoma. Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità questa patologia tumorale si pone al terzo posto nella classifica di quelli a più rapida crescita, superiore al 5% annuo, con una incidenza di 10-18 nuovi casi ogni 100mila abitanti. Ogni anno è diagnosticata a 16mila italiani. I linfomi si dividono in due categorie principali: quelli di Hodgkin (dal nome del medico che per primo lo individuò nel 1832) e quelli non Hodgkin (LNH) che rappresentano la categoria più comune e diffusa, ne esistono oltre trenta tipi.
A Roma nell'Aula Magna dell'università degli studi La Sapienza, giovedì, con il supporto di Roche, il professor Franco Mandelli, presidente dell'AIL, in occasione della Giornata mondiale dedicata a questa malattia che negli ultimi cinquant'anni si è sviluppata in modo esponenziale, ha illustrato i grandi progressi compiuti nella cura. La causa del linfoma è tuttora sconosciuta, sono tumori maligni del sistema linfatico, parte di quello immunitario ed è una complessa rete di organi linfoidi costituita da vasi linfatici, linfonodi, midollo osseo, timo, milza, appendice, tonsille.
Il sistema linfatico conduce un fluido detto linfa che trasporta in tutto il corpo sostanze nutritive e globuli bianchi detti linfociti con funzione di difesa contro agenti estranei all'organismo. Quando i linfociti si sviluppano in modo anormale o non muoiono quando dovrebbero (meccanismo di morte programmata o apoptosi), possono accumularsi nei linfonodi e dare così origine a dei tumori.
Oggi la maggior parte dei pazienti colpiti da questa malattia riesce a convivere per anni con una buona qualità di vita. Le possibilità di guarigione sono quasi raddoppiate grazie ai passi avanti compiuti dalla ricerca ed a farmaci sempre più selettivi, in grado di colpire con la massima precisione ed efficacia le cellule malate. I risultati ottenuti dall'introduzione dieci anni fa del primo anticorpo monoclonale autorizzato per il trattamento del linfoma non-Hodgkin, il rituximab, ha modificato gli indici di sopravvivenza, passati dal 40 al 70 per cento. La ricerca continua, come sostiene Cristina de Min, direttore medico di Roche Italia: «Stiamo già sperimentando sulluomo un nuovo anticorpo monoclonale con maggiore attività grazie al suo legame con un diverso sito molecolare». Nel linfoma diffuso a grandi cellule, il più comune tra i linfomi aggressivi, più del 60% dei malati trattati con immunochemioterapia a 5 anni dall'inizio del trattamento non presenta più malattia. Importante, come sempre, è la diagnosi precoce e l'inizio della terapia. Sono 5 i sintomi, spesso sottovalutati, da tenere sotto controllo: linfonodi ingrossati, sudorazione notturna, febbre persistente, prurito generalizzato, stanchezza continua e perdita di peso.
La diagnosi di linfoma - come ricorda il professor Mandelli - ha sempre un impatto devastante per il paziente e per i suoi familiari. Il senso di paura e disorientamento possono essere drammatici. Per questo è importante per i pazienti ed i loro familiari avere un punto di riferimento per affrontare la malattia e l'iter terapeutico con maggiore consapevolezza della propria condizione e dei propri diritti oltre che delle possibilità di cura e assistenza. L'AIL, che opera in tutta Italia attraverso 78 sezioni provinciali e grazie all'impegno di migliaia di volontari, ha come propria missione quella di migliorare la qualità di vita dei malati e di sostenere la ricerca scientifica. I volontari AIL svolgono il proprio lavoro in collaborazione con le strutture pubbliche universitarie e ospedaliere.
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