Dai riti per il dio Po a Dio Ecco la nuova Lega geneticamente modificata

Quando Bossi sventolava i pugni davanti ai suoi, brandendo la minaccia di «mandare in giro la Finanza da certi vescovoni, per vedere se i soldi intascati dal popolo sono andati veramente ai poveri o se li sono mangiati», pochi avrebbero scommesso su una svolta millenarista della Lega. Vero è che l’eclettismo intellettuale del suo fondatore ha da sempre abituato alle trasformazioni più improbabili, alle evoluzioni imprevedibili, agli scarti spiazzanti, sempre però guidati dall’astuzia micidiale del Senatùr e dall’infallibile sonar che ispira la teoretica leghista, la pancia del suo popolo. Dal paganesimo delle ampolle e dei matrimoni in rito celtico all’orgoglio di eredi Dc, dagli attacchi vigorosi al Colle al braccetto con Napolitano, dal nordismo secessionista al proselitismo nel Mezzogiorno, con apertura di filiali padane da Cagliari fino a Napoli, quintessenza dell’antipadanità.
Una trasformazione genetica, un mutamento sorprendente (e vincente) da forza celodurista a partito moderato e istituzionale, rappresentato iconicamente dalla sobrietà maroniana, il ministro anti-camorra stimato dai Saviano e persino dalla sinistra dipietrista. Parabola che fa della Lega un eterno Ufo per certi maître-à-penser che ancora adesso, se devono raccontare l’ala montante del Carroccio, pescano nel repertorio trito del vecchio anti-leghismo: l’ignoranza di chi non frequenta librerie (vedi Gad Lerner), il populismo becero (vedi Eugenio Scalfari), addirittura il mondo animale (come ha fatto poco elegantemente ieri su Repubblica l’elegante flaneur parigino Francesco Merlo).
Il Carroccio, unico partito sopravvissuto della prima Repubblica, ha saputo giocare una partita di retroguardia rispetto al berlusconismo, proscenio dello scontro politico più feroce, ritagliandosi un ruolo di compagno saggio e prudente, che mette pace tra i litiganti e all’occorrenza cuce gli strappi, un profilo diametralmente opposto a quello degli inizi, quello strepitante della vecchia Lega Lombarda, avanguardia del Settentrione-gallina dalle uova d’oro sfruttato e soggiogato da Roma ladrona, ma anche da quello più recente (ugualmente bellicoso) della Lega post-ribaltone. Pian piano, a fiuto, la Lega ha colonizzato territori prima estranei o addirittura denigrati: lo statalismo al posto del liberismo audace di un Pagliarini, primo ministro delle Finanze leghista, l’asse col Vaticano sui temi etici dell’aborto e della famiglia naturale, l’abbandono del paganesimo spiritualista (condito un po’ di tutto, da Bravehart alla topografia mistica della Padania, da Po al panteismo agricolo contrapposto al nozionismo dei professoroni), ma soprattutto la svolta sull’asse Nord-Sud. Il Meridione, nell’ottica di un federalismo-nazionale, non è più area da espellere ma frontiera da annettere al nuovo leghismo totale. Maroni ha annunciato la prossima presa di Napoli, mentre cresce l’appeal dei padani in zone prima off-limits come le Marche, l’Umbria, l’Emilia-Romagna, la Sardegna, probabilmente il Lazio.
L’ultima frontiera, forse invalicabile, sarebbero gli immigrati.

Ecco, se Bossi si mettesse a predicare l’opportunità della cittadinanza breve per i nuovi Brambilla da Marrakech e Tangeri, saremmo all’ultima possibile (ma quasi impensabile) trasfigurazione del Carroccio. Democrazia cristo-padana.

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