Venezia Siamo ancora nel Texas più torbido e profondo. Un posto che appare veramente poco raccomandabile dopo aver assistito, laltro giorno, alla strage familiare di Killer Joe del sorprendente William Friedkin, ora quasi replicata in Texas Killing Fields, lultimo film in concorso alla Mostra, diretto dalla figlia darte Ami Canaan Mann (il padre è il celebrato regista di Heat-La sfida e Collateral). Ispirato a fatti realmente accaduti (lo sceneggiatore è Don Ferrarone, ex agente speciale antidroga), il film che uscirà nelle sale dopo Natale racconta la storia del detective della omicidi Mike Souder (Sam Worthington) e del suo partner Heigh (Jeffrey Dean Morgan), alle prese con un serial killer che getta i corpi delle sue vittime in unarea paludosa del Texas (ma il film è girato in Louisiana), i Killing Fields del titolo, su cui indaga anche lagente Pam Stall (Jessica Chastain, la rossa protagonista rivelazione in The Tree of Life di Terrence Malick).
La scelta del direttore Marco Müller di concludere il festival con un classico thriller poliziesco dalle atmosfere intense e inquietanti come questo, appena dopo lo sconvolgente noir-pulp di Friedkin, non appare certo casuale. Perché la Mostra Internazionale dArte Cinematografica numero 68 verrà sicuramente ricordata, oltre che per i numerosi film sul tema dellimmigrazione e dellintegrazione, anche per aver segnato il ritorno del grande cinema di genere non solo nella competizione ufficiale ma in tutte le sezioni più o meno collaterali della manifestazione. Come Controcampo Italiano dove è apparso addirittura un sorprendente titolo, Larrivo di Wang dei Manetti bros., ascrivibile al genere di fantascienza, ramo «b-movie». Una vera e propria rarità nel cinema di casa nostra.
Naturalmente a Venezia il discorso sui generi cinematografici è declinato in maniera piuttosto originale dagli autori che per lo più tendono alla innovazione e alla reinvenzione degli stilemi. A partire dai thriller atipici provenienti dallEstremo Oriente come il film a sorpresa Ren Shan Ren Hai del cinese Cai Shangjun oppure Life Without Principle di Johnnie To, tutto incentrato sulle bolle finanziarie a Hong Kong. Fino ad arrivare al caso delle «graphic novel» di importanti autori di fumetti come il nostro Gian Alfonso Pacinotti, il nipponico Sono Sion e liraniana Marjane Satrapi, insieme a Vicent Paronnaud, che nei loro Lultimo terrestre, Himizu e Poulet aux prunes, hanno portato al cinema solo leco delle tavole disegnate nei loro libri di successo, mettendo in scena le storie che volevano raccontare in chiave prettamente cinematografica. Così come torna alle origini del classico film di spionaggio il regista svedese Tomas Alfredson che in Tinker, Taylor, Soldier, Spy (da La talpa di John Le Carrè) mette in scena un affresco dei servizi segreti britannici durante la Guerra fredda, rispecchiando fedelmente latmosfera di unepoca e, soprattutto, i complessi caratteri dei personaggi. Abbandonando qualsiasi aspetto spettacolare. Insomma niente a che vedere con le solite atmosfere caricate e caricaturali dei vari film di James Bond. In questo senso anche la trasposizione di uno dei classici della letteratura come Cime tempestose di Emily Brontë diventa per la regista Andrea Arnold loccasione di tornare al substrato, allessenza delloriginale, asciugando la messa in scena da qualsiasi retorica romanticistica.
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