Fabrizio Ravoni
da Roma
Tommaso Padoa-Schioppa è uomo poco abituato alle critiche. Un curriculum di tutto rispetto (Banca dItalia, Consob, Bce) lo ha sempre messo al riparo dai rilievi. Così, se invece di parlare di tagli alle spese, preferisce il termine più nobile di «razionalizzazione» delle spese, nessuno può criticarlo. Nemmeno se si chiama Francesco Giavazzi, un prof. della Bocconi prestato al giornalismo.
Allorigine della disfida, un fondo di Giavazzi sul Corriere. Scrive che la scelta del ministro dellEconomia di non procedere a tagli di spesa, ma a razionalizzazioni della stessa è una mancanza di coraggio. Da notare che Giavazzi e Padoa-Schioppa fanno parte dello stesso ambiente, vengono dallo stesso mondo.
Quellaccusa di mancanza di coraggio brucia al ministro; non può restare impunita.
Il dilemma: come rispondere al fondo di Giavazzi. Scrivere una lettera al Corriere? Troppo grossier, deve aver pensato il ministro. Così, opta per una mail. Dal suo indirizzo privato (e non quella del dominio tesoro.it), Padoa-Schioppa scrive una risposta piccata. Con un particolare. Per farla conoscere la invia anche ai 92 amici in comune. Ministri, banchieri, uomini dimpresa. Risultato: finisce sui giornali.
Nella prima mail il ministro accusa Giavazzi di «due falli gravi: hai alterato i fatti e presentato unanalisi superficiale». Non sazio di tale offesa, il ministro aggiunge: «Capisco il bisogno del Corriere di riconquistare le copie perdute a favore del Giornale e di Libero, ma non che, nellessere - forse involontariamente - partecipe di questa operazione, tu metta a repentaglio la tua reputazione di onestà intellettuale e di buon economista».
La risposta di Giavazzi è algida e tagliente. Innanzitutto non risponde al tu confidenziale del ministro; ma gli dà del lei. Paragona il linguaggio del ministro a quello in voga nellUnione Sovietica degli anni Trenta. Gli ricorda che scrive sul Corriere da 12 anni, indipendentemente dai ministri dellEconomia, dai Presidenti del Consiglio e dagli stessi direttori del giornale. E gli dice: «Per Lei il problema del controllo della spesa pubblica si riduce a varare ampie riforme». Come a dire: le riforme non fanno cassa, quindi niente risparmi.
Alle 9 dellaltra sera, il ministro si rimette alla tastiera: «Caro Francesco (insiste con il tu)...in materia di risanamento dei conti pubblici hai dato, e me ne sono dispiaciuto, una rappresentazione non veritiera... La critica che ora aggiungi, che nulla è stato fatto dal lato della spesa, mi pare anchessa non veritiera».
E ricorda il provvedimento del 31 maggio, il decreto della manovrina e «le cifre ed i campi di intervento indicati dal Dpef sono impegni del governo approvati dal Parlamento, non parole senza peso. Riforme vere della spesa sono cose nuove, vanno preparate e discusse; il mese della finanziaria è settembre». E chiude: «se non avessi stima di te e non ti conoscessi da 30 anni come persona scrupolosa non avrei nemmeno preso la penna. Tommaso».
Questo scambio di mail è diventato argomento di gossip e commenti nellestablishment. Sia fra chi le ha ricevute, sia fra chi le ha lette sui giornali. Giacomo Vaciago dice: «Il Dpef di Padoa-Schioppa è il più coraggioso degli ultimi 20 anni. E Lamberto Cardia, presidente Consob osserva: Padoa-Schioppa «è un civil servant troverà il miglior equilibrio possibile nell'interesse collettivo».
Giuseppe Mussari del Monte dei Paschi sta con il ministro: mi piacciono più gli investimenti che i tagli. Guido Crosetto, di Forza Italia, sostiene che Padoa-Schioppa «è un ministro politicamente irrilevante. Non ha il coraggio di affrontare il problema della spesa pubblica e la parte fiscale è in mano a Visco».
Infatti, sarebbe proprio il ruolo tracimante del vice ministro a creare problemi al ministro.
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