Dall’Oriente fino a Fabriano Così scoprimmo il foglio

L’invenzione della carta risale, secondo la tradizione, al 105 d.C., quando il cortigiano cinese Tsai Lun ne fissa la formula di fabbricazione. La tecnica giunge in Giappone nel VII secolo, utilizzando fibre di gelso (e non stracci, lino o seta come nel Celeste Impero). La ricetta si diffonde soltanto nel 751, quando gli arabi sconfiggono i cinesi e fanno prigioniero un maestro cartaio: nel 793 a Bagdad nasce la prima fabbrica di carta. I segreti della produzione raggiungono il resto del Nordafrica, le coste spagnole e, infine, l’Italia, che nel XIII e XIV secolo diventa la capitale della carta, grazie alle industrie di Amalfi e Fabriano. «Il trattamento era del tutto innovativo - spiega il direttore del Museo della carta e della filigrana di Fabriano, Giorgio Pellegrini -: sfruttava la gelatina animale per rendere la carta “impermeabile”. Quando esce dal tino, infatti, è inutilizzabile per la scrittura, perché assorbe tutto l’inchiostro.

Gli arabi ricorrevano all’amido vegetale, ma la carta era troppo esposta agli attacchi dei batteri e, quindi, troppo degradabile». La carta italiana dura molto di più, tanto da poter sostituire la pergamena. A Fabriano, per proteggere i marchi «originali», si inventa la filigrana: la stessa che, ancora, attraversa le nostre banconote.

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