Roma

Dalle periferie al centro storico la maggior parte dei cartelli stradali è ridotta male e senza manutenzione. Molte volte sono contraddittori Segnaletica, il fallimento del decoro urbano

Gian Piero Milanetti

Ricoperti di adesivi, scarabocchiati, montati al rovescio, piegati in due o contro il muro, contraddittori, sul punto di cadere. Dalle periferie al cuore del Centro storico, i segnali stradali senza manutenzione deturpano le strade e le piazze di Roma e, invece di regolarlo, finiscono con l’ostacolare il traffico. Nessuno li pulisce, li rimuove, li sostituisce. Nei vicoli e nelle piazze monumentali, nelle strade di grande traffico e nelle isole pedonali, i segnali stradali abbandonati sono l’emblema del fallimento della politica di decoro urbano del Comune. Un degrado invano denunciato già lo scorso giugno dal celebre architetto Massimiliano Fuksas.
Il fenomeno dilaga in tutta la città. Nelle periferie, nel campionario dei cartelli senza manutenzione c’è solo l’imbarazzo della scelta. Un caso, tra i più pericolosi? Sul punto più alto della tangenziale, su San Lorenzo, c’è un trittico di cartelli. Solo il più alto, che indica via Prenestina, è a malapena leggibile, pur sotto adesivi e scritte. Gli altri due (indicanti viale Castrense e San Giovanni) sono completamente illeggibili, e provocano pericolosi rallentamenti.

Ma è nel centro storico, che la piaga dei segnali stradali senza manutenzione si fa più grave e anche più diffusa. Per via delle strade strette e del forte traffico di camion e furgoni. Ma anche per la maggiore visibilità che offrono ad adesivi e graffiti. Così proprio i «salotti buoni» e i «gioielli» della capitale sono assediati da una selva di cartelli in degrado. Un angolo a caso: via del Vantaggio, all’incrocio con Passeggiata di Ripetta: il cartello di «direzione obbligata» è accartocciato, del tutto illeggibile. Ma non è un caso isolato: pochi metri oltre, il segnale di «senso vietato», su via del Fiume è piegato letteralmente in due.
Più avanti, ancora su Passeggiata di Ripetta, il cartello di «mezzi di lavoro in azione» è indecifrabile: ha il vertice piegato in basso e il disegno coperto da adesivi.
Poco lontano, il reticolo tra via del Corso e via del Babuino è un campionario di degrado. In via Vittoria, l’accoppiata di segnali «area pedonale» e «senso vietato» sono stati girati faccia al muro. Proprio come succede in via Condotti, all’incrocio con via Belsiana. Stessa strada, incrocio con via Bocca di Leone: il cartello di divieto di sosta è per metà coperto da un adesivo che nasconde del tutto l’orario del divieto. Non va meglio imboccando via del Babuino, dalla centralissima piazza di Spagna. Un cartello di senso unico parallelo, montato di traverso al senso di marcia, penzola sulla testa dei passanti, legato col fil di ferro a quello di percorso pedonale (ma non c’è contraddizione tra i due?).
E le stradine laterali non fanno eccezione: vicolo dei due Macelli, traversa della via omonima: sembra una parabola puntata contro il cielo, il segnale di direzione obbligata, piegato e penzolante sul civico 33.
All’imbocco della Salita de’ Crescenzi, a lato del Pantheon, un segnale stradale... corretto a mano: a sinistra c’è un cartello di area pedonale. Su quello gemello di destra, a lato dei colonnini a scomparsa nel piano stradale, si sta scollando la freccia di cartone bianca che voleva trasformarlo, evidentemente, in «direzione obbligatoria dritto». Ma anche la zona attorno a Montecitorio, di solito più curata, ha le sue «perle».

All’incrocio di via del Campo Marzio con via degli Uffici del Vicario, un cartello di «strada senza uscita» è snaturato da un pezzo di nastro adesivo bianco e da tre adesivi, di cui del movimento politico il «trifoglio». E proprio davanti al parlamento, allo sbocco di via della Colonna Antonina su piazza di Montecitorio, un cartello di «senso vietato» è piegato e reso quasi illeggibile da un adesivo romanista e da uno ancora più grande del duo resident «the kaos boys», direttamente da Praga, mentre su quello dell’area pedonale svolazzano pezzi di nastro adesivo da pacchi!

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