«Dalle privatizzazioni energie positive per cambiare la città»

Che cosa unisce Franco Debenedetti ed Edoado Croci? Il primo, torinese, fratello dell’editore Carlo De Benedetti, ex parlamentare del Pds, dal 2009 nel consiglio d’amministrazione della banca Popolare di Milano. Il secondo, milanese, bocconiano, ex assessore a Trasporti, Ambiente e Mobilità immolato sull’altare di Ecopass, testimonial della lista Croci collegata al sindaco Letizia Moratti.
Ed ecco il punto di contatto tra i due: sono tra i primi firmatari del Manifesto per le Privatizzazioni, carta trasversale che chiede di «liberare le energie positive di Milano», ovvero di procedere a una grande opera di privatizzazione, da Milano ristorazione a Sogemi e Milano Sport alle ben più consistenti Serravalle, Sea e A2A.
«A Milano è di fatto mancata una politica di privatizzazioni» scrivono i liberal. Citano dati Civicum del 2009: fra tutti i comuni italiani Milano è quello che detiene più partecipazioni in imprese (93) e di maggior valore (2, 5 miliardi di euro). Un vero e proprio tesoro.
Il Manifesto sarà presentato oggi pomeriggio alle 18 presso Assosim (l’Associazione italiana intermediari immobiliari), in piazza Borromeo 1. A lanciare la battaglia per le privatizzazioni è The Adam Smith Society, associazione di cultura economica che si ispira al settecentesco padre di liberali e liberisti, noto per aver “inventato” il concetto di reddito pro capite e per aver teorizzato gli effetti positivi del perseguimento dell’«interesse personale». Ma - avvertiva - senza «gomitate» e nel rispetto del «fair play».
Presidente della Adam Smith Society e supporter del manifesto è Alessandro De Nicola, avvocato, membro del Comitato Scientifico della Federazione Abi-Ania (rispettivamente associazione delle banche e delle assicurazioni) e membro dell'Organismo di Vigilanza dell’Expo 2015 (oltre che di diversi istituti di credito). Le firme sono un centinaio e nell’elenco si trovano avvocati, professori, giornalisti, manager, politici.
La parola d’ordine degli anni Novanta, dismissioni e privatizzazioni, sembra essere passata di moda. Ancora ieri l’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), nel suo rapporto sull’Italia, invitava a privatizzare l’acqua. A Milano e in Lombardia le polemiche non mancano e il sindaco, Letizia Moratti, ha annunciato che voterà sì al referendum abrogativo sulla gestione privata dell’acqua: insomma, preferisce (e non è la sola) che l’acqua resti pubblica.
Il tema delle privatizzazioni, popolare ai tempi della giunta Albertini, si è arenato sulla politica e sui bilanci difficili, tra la crisi e i mancati trasferimenti dello Stato. Il Comune negli ultimi cinque anni ha incassato dividendi esorbitanti dalle società partecipate e controllate: in tutto 900 milioni. A2A, Sea e Atm hanno così perso valore di mercato. Un processo in un certo senso inevitabile, dal momento che i criteri della politica si sono spesso sovrapposti a quelli della gestione economica.
Anche da qui la richiesta del Manifesto.

Gli autori tengono a precisare: «La gestione da parte di privati dei servizi pubblici non compromette il carattere pubblico delle attività, che viene garantito dalle modalità di affidamento, dai contratti di servizio e dalla regolamentazione di settore». Alle aziende la gestione, alla politica le regole.

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