Dallo scudo ai catorci: le storture del decreto

Tra le norme surreali il superbollo sulle vecchie auto e i sacrifici dei "ragazzi del '52"

Il governo Monti sarà anche di tecnici ma nelle fantasiose tasse contenute nella manovra ci sono provvedimenti che sem­brano più frutto di surrealismo giuridico che di sobrio rigore.Cominciamo con quel­la c­he pure è l’unica parte positiva della ma­novra, vale a dire la riforma delle pensioni. Ebbene, dopo aver visto le barricate contro lo «scalone», che con molto anticipo aveva avvertito alcuni lavoratori che avrebbero dovuto lavorare un paio di anni in più, ecco che nell’indifferenza generale con la nuo­va manovra abbiamo il paradosso di «quel­li del ‘ 52»,ormai quasi celebri come gli eroi­ci «ragazzi del ‘99»della Grande guerra.La­voratori che all’improvviso scoprono che la pensione attesa entro pochi mesi svani­sce e slitta di cinque anni. Rischiano di ri­manere nella storia patria come i destinata­ri di una delle più sonore beffe legislative, amara specialmente per chi aveva accetta­to il licenziamento confidando nell’immi­nenza dell’assegno previdenziale.

Altrettanto paradossale è la vicenda del­lo scudo fiscale, perfetto esempio di dema­gogia e povertà giuridica. Si vuol voltare pa­gina, si vuol impartire una lezione di serie­tà e rigore e si comincia con il far tradire allo Stato i suoi impegni solenni? Forse non tut­ti si sono accorti che si chiedono soldi an­che a chi ha rimpatriato capitali con lo scu­do di 10 anni fa, morti, falliti ed emigrati compresi. Con buona pace delle norme che non devono essere retroattive e dell’af­fidamento verso lo Stato. Chi protesta di­cendo che l’1,5% è troppo poco (oltre a di­menticare che non tutti i beni all’estero era­no frutto di evasione) dovrebbe sapere che l’unica maniera di ottenere qualcosa da questa voce strampalata è proprio doman­dare un’aliquota bassa sperando che non venga per questo impugnata, altrimenti l’incostituzionalità della norma è talmen­te palese che verrebbe cancellata e non si otterrebbe nulla del tutto. In ogni caso se per caso ci fossero stati dei pazzi che pensa­vano di portare capitali in Italia adesso ci penseranno bene, già le nostre norme so­no infide e complicate, se poi diciamo che si possono cambiare retroattivamente die­ci anni dopo non c’è da stupirsi se i capitali se ne stanno alla larga.

Miopi sono le norme sulle auto: una pri­ma versione del superbollo correttamente prevedeva si applicasse solo alle vetture im­matricolatedopo il 1˚ gennaio 2008, poi la notte non ha portato consiglio e si è ben pensato di estendere la norma a tutte le vet­ture, con il paradosso che per auto vecchie, usate e di minimo valore si pagherà come per la fiammante sportiva nuova. Tanti sa­luti al dettato costituzionale del tributo «in ragione della propria capacità contributi­va ». Anche qui vale il principio della rete a strascico, chi prendo prendo, e peggio per chi passava di lì per caso.

Nella stessa categoria rientra la tassa sul­la nautica. A parte che per un Paese che ha la propria ricchezza nella sua posizione nel Mediterraneo, pensare di stroncare la nautica ha la stessa furbizia della Francia che decidesse di tassare lo champagne la­sciando campo libero al nostro spumante, comunque anche qui, si tratta di una ver­sione potenziata di una sfortunata tassa in­ventata da Soru in Sardegna. Finì in farsa triste perché ovviamente venne bocciata da Consulta e Corte Europea dato che con­trastava con il diritto di libera circolazione in ambito comunitario.

La tassa nautica do­vette essere rimborsata dopo aver assesta­to un brutto colpo al turismo e all’econo­mia dei porti. Cosa metteremo? Delle boe gialle con tassametro fuori dalle acque ter­ritoriali? E meno male che bisogna rilancia­re il Sud e il turismo. Dicono: aspettiamo la crescita! Aspetteremo a lungo.

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