(...) aveva deciso di rinviare la partita Inter-Lazio. Che le loro intenzioni non fossero delle più miti lo sera capito unora e mezza prima quando cera stato un primo tentativo dassaggio. I tifosi si erano minacciosamente avvicinati al cordone delle forze dellordine, salvo poi ritirarsi. Convinti dal personale della squadra tifoserie della Digos, ma anche dalla consapevolezza che le avrebbero buscate di brutto dai poliziotti e carabinieri. Agenti che verso le 14.30, per evitare di prestare fianco a provocazioni lasciano il piazzale.
Appaiono due striscioni «Amato dimettiti» e «Per Raciti fermate il campionato/la morte di un ultrà non ha significato», dietro tre/quattro cento esaltati. E tra loro il capo gruppo di Alleanza nazionale in consiglio comunale Carlo Fidanza, che poi giurerà di essersi sfilato quando la situazione è degenerata. I tifosi fanno il giro dello stadio, poi imboccano via Harar proseguono fino a via Novara dove assaltano il commissariato San Siro. Volano pietre e bengala. E qui Fidanza sarebbe uscito dal gruppone. Poi tornano verso il Meazza e iniziano ad aggredire gli operatori dellinformazione che riescono a individuare. Due cameraman di Rai e Mediaset finiscono in ospedale, un altro paio di cronisti vengono picchiati.
«E adesso tutti davanti alla Rai di corso Sempione» urla il solito capetto al megafono. Qui arrivano dopo circa unora. Non prima di aver malmenato un controllore Atm e creato un bel po di trambusto alla fermata Lotto. Verso le 17 dunque gli ultrà sono davanti alla Rai, dove però trovano un robusto cordone di polizia e carabinieri e abbassano subito la cresta. Rimangono a distanza di sicurezza a gridare slogan e tirare pietre e fumogeni contro gli uomini schierati.
«Finiamo la manifestazione in Duomo». Urlano i capoccia. Cè da tremare. Sono le 18, il centro è pieno di famigliole con bambini in mano. E si sussurra che da Bergamo, dove erano in trasferta, stiano arrivando le frange estremiste del Milan. Mentre altri ultrà sono attesi da Brescia. Il gruppo degli esaltati marcia a ranghi compatti fin davanti alla caserma Montebello, in via Monti, dove riparte il solito lancio di pietre e bengala. In frantumi qualche finestra. Alla 19 però, quando arrivano in Duomo, le loro file si sono sensibilmente assottigliate: non più di una cinquantina. Infatti fanno il loro minaccioso ingresso in piazza, urla e insulti, poi si accorgono che non la possono certo riempire tutta e si dirigono verso il monumento a Vittorio Emanuele II dove bivaccano, come tanti sudamericani, per unoretta. Alle 19 è ormai finito tutto. Milano può tirare un sospiro di sollievo.
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