A dare fuoco ai due negozi di consiglieri comunali non è stata la ’ndrangheta

A dare fuoco ai due negozi di consiglieri comunali non è stata la ’ndrangheta

Il giallo di Rozzano è risolto. La notizia buona è che non c’è di mezzo il racket, nei misteriosi incendi che uno dopo l’altro, a pochi giorni uno dall’altro, l’estate scorsa mandarono in cenere i negozi di due consiglieri comunali. La notizia cattiva è che comunque c’è di mezzo la politica, una storia di licenze chieste e negate, la speranza frustrata di trattamenti di favore. Non è confortante, scoprire che a sei chilometri da piazza del Duomo c’è gente che se non gli permettono di aprire un bar pensa di risolvere la faccenda mettendo a fuoco i beni di un paio di pubblici amministratori.
Il primo a bruciare, la notte del 20 luglio, fu il grande e confortevole bar-pasticceria-panetteria «Le delizie del forno», in via Oleandri, di proprietà del consigliere comunale Domenico Anselmo, eletto nel centrosinistra ma passato all'opposizione. Il 9 agosto le fiamme scoppiarono nel chiosco di frutta e verdura di Francesco Cuvello, consigliere del Pd. Per mesi, il fumo di quegli incendi ha impestato la politica rozzanese, con accuse a voce alta o sussurrate, e le due vittime - Cuvello e Anselmo - che si accapigliavano nell’aula del consiglio comunale, fino a costringere il sindaco Massimo D’Avolio a sgombrare l’aula. Intanto, in Procura, il fascicolo sui due attentati confluiva in un’unica inchiesta affidata al pm dell’Antimafia Marcello Tatangelo.
Ieri, l’inchiesta di Tatangelo arriva a conclusione: e in cella finisce il capo di una delle famiglie storiche della malavita rozzanese, Leonardo Triglione, classe 1964. Uno che in Comune conoscevano bene, uno abituato a fare la voce grossa con tutti. Triglione si era fissato di voler aprire un bar-sala giochi in via Oleandri, a fianco a quello del consigliere Anselmo. E quando gli hanno spiegato che non si poteva, se l’è presa con i due consiglieri comunali. Arrestato anche uno degli esecutori materiali, Carlo Fabiano.
Il sindaco Massimo D’Avolio è soddisfatto: «L’Amministrazione comunale, come si evince dalle indagini, è estranea ai fatti. Non è di nostra competenza il rilascio delle licenze per aprire attività commerciali negli immobili di proprietà Aler». Ma, signor sindaco, queste cose non dovrebbero neanche succedere: «É vero.

Evidentemente si erano convinti di poter utilizzare delle scorciatoie. E quando non le hanno trovate sono passati alla violenza. Ma non è così che si fa. E il fatto che in pochi mesi siano stati individuati e arrestati è un segnale per tutti quanti»,

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