Roma - Il pugliese Checco Zalone e la veneziana Patty Pravo salgono al Quirinale per i tormentosi David di Donatello e alla fine, come garibaldini pop, fanno l’Unità d’Italia a modo loro. Del resto, risultano mezzo tedeschi Terence Hill e Lina Wertmueller e ieri giravano premi (alla carriera) anche per gli artisti «crucchi»: volemose bene. Alemanno (membro dell’Accademia del cinema italiano) vuol rivoltare come un guanto la veltroniana Casa del Cinema, mentre bolle la polemica dei parassiti tra Verdone e Brunetta? E Cinelandia la butta giù dura: mangia le tartine quirinalizie a mezzodì e, all’ora dell’aperitivo, la neoregista Stefania Sandrelli legge una lettera all’Auditorium. I Centoautori dissotterrano l’ascia di guerra, insomma, e tornano a lagnarsi: soldi pochi e Stato assente. Eppure, in mattinata il presidente Napolitano, in tandem con l’88enne Gianluigi Rondi, scandiva: «È un’annata da collezione, nonostante le molte difficoltà. C’è una nuova leva, che ha preso in mano le sorti del cinema italiano, che serve anche a fare opera di unità del Paese, raccontando storie che vanno da Nord a Sud. Non solo con i film risorgimentali, sulle orme di Senso, ma anche con il costante contributo a unificare la lingua e la cultura dell’Italia, contributo che continueremo a dare, nonostante la crisi».
Già, la crisi - quella internazionale e quella greca - è una nube che avvelena l’aria di festa («c’è poco da festeggiare, quest’anno la produzione è dimezzata», nota lo sceneggiatore di Fortapasc Andrea Purgatori). Poi, piccoli frondisti crescono: i produttori Domenico Procacci e Pietro Valsecchi non le mandano a dire. «Qua si vota a filotto! Bisognerebbe fare come in Francia, dove vota una giuria di tecnici. Che ne capisce di suono, per esempio, un avvocato?», chiede Procacci, patròn di Fandango. «Via la cricca dei David», s’associa Valsecchi, a capo della Taodue. Per il boss della Medusa Giampaolo Letta, invece, «è giusto espandere i membri dell’Accademia, così si ha un voto più vario». Intanto, suo padre Gianni (come il ministro Bondi) brilla per assenza, impegnato in vertici di lavoro. Il David numero 54 genera solo mal di pancia? Dopo la lettera di lotta sandrellesca («siamo qui per difendere il diritto dello spettatore a scegliere cinema italiano»), Ennio Fantastichini è risultato miglior attore non protagonista, per Mine vaganti di Ozpetek, mentre Ilaria Occhini (dopo una vita in teatro) è stata eletta miglior attrice non protagonista per lo stesso film. Il complesso degli attori non protagonisti di Baarìa ha vinto anch’esso un premio.
E la coppia western Hill-Spencer? Premio speciale alla carriera, ispirato da Ermanno Olmi. «Cercavo un interprete per Cantando dietro i paraventi e sono rimasto folgorato da Bud. A salvare il mondo non sarà la cultura, ma la strada maestra della gioia. Una bella risata è opera d’arte», ha chiosato lo sponsor. Il miglior film è L’uomo che verrà di Diritti e il miglior regista, per Vincere, Marco Bellocchio che dopo la premiazione è stato, su «tagli» e dintorni, un fiume in piena. «Non dobbiamo pregare il governo, sono loro che devono capire. Questa sordità non è solo di questo governo. Ai governanti italiani della cultura non gliene frega niente».
La migliore sceneggiatura è La prima cosa bella di Virzì, alla cui moglie Micaela Ramazzotti
è andato il premio di miglior attrice protagonista. Valerio Mastandrea è stato giudicato miglior attore protagonista. Medusa e Rai, in buona sostanza, si sono spartiti i premi quasi alla pari: perciò un terzo polo preme.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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