De Maria affronta un Mozart molto «emotivo»

Pietro Acquafredda

Giunto al secondo appuntamento sinfonico (oggi la replica alle 21, dopo il debutto di ieri) il festival mozartiano dell’Accademia rivela una linea di tendenza comune a tutti i grandi concerti di questa edizione, ospitati nella sala Santa Cecilia dell’Auditorium. Quella cioè di affidare il podio dei quattro appuntamenti sinfonici ad altrettanti specialisti di musica antica o barocca, ad essere più precisi. Ha cominciato, la scorsa settimana, Ottavio Dantone (che dirige l’Accademia Bizantina ed è apprezzato come specialista bachiano); ora è la volta di Koopmann (clavicembalista, organista ed anche direttore, a suo agio più con Bach ed Haendel che con Mozart); la settimana prossima toccherà a Christopher Hogwood (fondatore appunto di un’Academy of Ancient Music) e, per finire, Paul McCreesh (fondatore e direttore del Gabrieli Consort and Players).
Tale linea di tendenza nella scelta dei direttori stride con sonorità, tecnica strumentale e stile esecutivo adottatti dall’orchestra sinfonica dell’Accademia; mentre sarebbero assai più connaturali all’orchestra barocca dell’Accademia stessa, che suona nel vicino «Festival barocco Viterbese», ma non ancora in sede. Perché?
Di contro, la scelta dei solisti non sempre si ispira al medesimo criterio; come proprio questa settimana, con Pietro De Maria, pianista «virtuoso», che vanta più familiarità con Liszt che con Mozart. De Maria è chiamato ad interpretare il «Concerto in re minore per pianoforte e orchestra n. 20» (K 466), che nella produzione mozartiana rappresenta lo sforzo di incanalare il virtuosismo strumentale verso la drammatizzazione ed il coinvolgimento emotivo; e di sperimentare nuove strade nella concezione del non facile rapporto fra strumento solista ed orchestra. La stessa tonalità del concerto (re minore) assai inusuale, deve far pensare al proposito mozartiano di abbandonare la brillantezza e piacevolezza strumentali, assai apprezzate, invece, nella Vienna di fine Settecento.


Nella seconda parte del concerto, la nota, anzi la più nota in assoluto delle sinfonie mozartiane: la «Sinfonia in sol minore» (K 550), di qualche anno posteriore al Concerto (K 466), seconda delle ultime tre grandi sinfonie del grande compositore, la cui tonalità minore - come già quella del concerto - è abbastanza inconsueta in un genere strumentale di intrattenimento, qual era ancora considerata la sinfonia al tempo di Mozart.
Auditorium. Sala Santa Cecilia, questa sera (ore 21). «Festival K». Direttore Koopmann, pianista De Maria. Biglietti: 10 euro; 6 euro (ridotto). Informazioni: 06.8082058.

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