Non può essere sempre colpa del clima

A Terracina, una sommelier è morta per il crollo di un tetto, "a causa del vento", ma non è il vento che progetta male una struttura

Non può essere sempre colpa del clima
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Gentile Direttore Feltri,
è credibile o no che la sommelier morta a Terracina a causa del crollo del tetto del ristorante stellato in cui lavorava sia considerata una vittima del clima?

Nadia Amato

Cara Nadia,
no, non è credibile, piuttosto è incredibile, incredibile che qualcuno abbia la faccia tosta e la disonestà di ipotizzare o sostenere una idiozia siffatta. È ormai diventata una pantomima: ogni disastro, incidente o tragedia, ogni morte e ogni malattia, vengono subito attribuiti al clima, oramai non serve neppure l'autopsia, né sono necessarie indagini di sorta, davanti a qualsiasi decesso si punta il dito contro il caldo o contro il freddo, ma sempre contro il cambiamento climatico, ovvero l'inquinamento, una sorta di killer seriale. Ma è proprio così? O si tratta semplicemente di un comodo alibi per coprire negligenze, incurie e responsabilità umane? O di una maniera per avvalorare certe schizofrenie ambientaliste assunte adesso alla stregua di dogmi impossibili da scalfire?

A Terracina, una sommelier è morta per il crollo di un tetto, «a causa del vento», ma non è il vento che progetta male una struttura, cara Nadia. O sbaglio? A Milano, una donna è stata travolta da un albero abbattuto durante la «bomba d'acqua». Ho sentito dire che è stata la pioggia ad ammazzarla. Ma forse quell'albero era instabile e abbandonato a sé stesso, con le radici ormai secche. Il mega-cartelloneinsegna sulla Torre Hadid ha ceduto, ed ecco partire l'accusa: «Colpa delle alte temperature» e del surriscaldamento globale, accusa lanciata da Laura Boldrini in diretta televisiva, mentre i pompieri precisano che nulla di tutto ciò ha senso, si tratta, invece, presumibilmente, di cedimenti strutturali e tiranti difettosi.

Il risultato? Un palinsesto ossessivo in cui ogni rovina diventa «effetto del clima», fino a legittimare la nostra inerzia, facendoci sentire impotenti. Tuttavia le infrastrutture le progettiamo noi. I tetti li costruiamo noi. I tombini li puliamo noi, cioè, non li puliamo più. E se una cosa crolla, evidentemente qualcuno non ha fatto il proprio lavoro, ossia il proprio dovere.

L'Italia si allaga? Colpa della pioggia, non dei tombini incrostati e intasati. I lavoratori muoiono di colpo per le ondate di calore? Colpa del riscaldamento, non delle ore passate al sole senza tutele. È la più comoda, dolce e letale forma di deresponsabilizzazione collettiva. Non serve la scienza per dirlo, basta il buonsenso. Quando l'ecologismo si trasforma in teologia, ogni dubbio è blasfemo e ogni critica diventa negazionismo. Sarò tacciato anche io di essere negazionista per questo richiamo alla lucidità.

Meglio così: così non si indaga, non si avviano processi, non si cercano soluzioni pratiche, non si riparano le cose, ché tanto, se ci scappa il morto, sarà già pronto il capro espiatorio perfetto. Ma questa sì che è violenza contro di noi. Una cortina fumogena che paralizza la capacità di reagire, di assumere responsabilità, di mantenere la parola, di essere adempienti, di badare alla sicurezza e alla cura del territorio e della cosa pubblica. L'ideologia ecologista è ostinata, come una religione. Ma non è fede, è resa. Ed è tempo di destarci.

Tale farsa climatica ha un effetto ancora più grave, a cui ho poc'anzi accennato: deresponsabilizza chi amministra. Se è sempre colpa del tempo, che senso ha pretendere una manutenzione dei tetti, la potatura degli alberi o la pulizia degli scarichi? Se i disastri sono opera del clima, non verrà mai individuato un responsabile preciso. L'assunzione della colpa sarà ascritta in modo astratto al genere umano, eppure nessuno sarà chiamato a rispondere.

Le teorie climatiche legittimano, insomma, l'incuria, incoraggiano l'abbandono del territorio, rendono inutile ogni controllo, svuotano la prevenzione. Così i danni si moltiplicano, l'insicurezza cresce e i morti aumentano. E non per «colpa del clima», sia chiaro. Responsabili sono amministratori, costruttori, manutentori e così via.

A furia di lavarsi le mani con l'ecologia da salotto, si lasciano marcire le fondamenta di ciò che abbiamo edificato.

Il vento abbatte ciò che è già marcio. La pioggia travolge ciò che non è stato protetto. Le tragedie non sono eventi atmosferici: sono il conto che ci viene presentato dalla nostra pigrizia, dalla nostra negligenza, dalla nostra ipocrisia.

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