Il Commissario europeo Almunia ha dovuto ricordare seccamente a Prodi che il riequilibrio dei conti va calibrato principalmente sul debito e sul fatto che gli interessi saliranno. E lo stesso ha fatto la Bce ricevendone in cambio una stizzita risposta dello stesso Prodi. Il governo ha balbettato, non riconoscendo l'allarme lanciato da Bruxelles. Cosa c'è sotto? L'euro è a rischio a causa dell'insostenibilità del debito italiano. Sembra una sparata, ma la probabilità del caso peggiore è percepita aumentare da molte fonti tecniche. Il Financial Times lo scrisse in prima pagina qualche mese fa, sostenendo che il governo di sinistra avrebbe peggiorato le prospettive. Nel 2005 Standard & Poor's non escluse più l'ipotesi che l'euro potesse saltare. La Bce dichiarò che era impensabile che l'Italia o altri potessero uscire dall'euro. Attenzione, non perché non possa succedere, ma per il fatto che se l'Italia uscisse la moneta unica crollerebbe. Si potrà tenerla dentro?
Karl Otto Poehl, stimato banchiere centrale tedesco del passato, mi ha confidato, nel gennaio del 2006, che temeva proprio la nostra implosione quando nel 1997 oppose il suo prestigio all'entrata dell'Italia nell'euro. E ha aggiunto che nel 2008 o 2009 ci potrebbe essere una prima criticità di sistema, soprattutto, se i tassi dell'euro, e con loro gli interessi debitori, continueranno a crescere. Trichet, sbagliando sul piano della stabilità prospettica, ha deciso di alzarli per tenere elevato il cambio dell'euro sul dollaro e così ridurre l'inflazione energetica. Con un debito oltre il 106% del Pil l'Italia dovrà spendere miliardate in più per gli interessi, togliendo risorse al welfare e alla riduzione delle tasse. Così sarà sempre più difficile sia far crescere l'economia sia finanziare le garanzie ed allo stesso tempo mantenere l'equilibrio del bilancio statale annuo e decrescente il debito pubblico. In tali condizioni qualcosa salterà. Tale è l'ipotesi che i tecnici europei (e del mercato finanziario) stanno valutando con preoccupazione. La cui probabilità cresce perché il governo Prodi ha di fatto mollato il rigore per accontentare l'irrealistica pretesa della sinistra estrema di non tagliare la spesa pubblica superflua e ha vietato azioni «patrimonio contro debito».
Non c'è una credibile politica di stimolo della crescita. Quindi Prodi avrà solo la possibilità di alzare le tasse contro la popolazione più produttiva e di lasciare che Visco/Robespierre imponga il terrore fiscale. Ma ciò ridurrà la fiducia economica, i consumi e gli investimenti interni, in sostanza la crescita. Il Pil basso farà peggiorare i numeri relativi di deficit e debito. L'incapacità di ridurre il debito, combinata con la bassa crescita, aumenta la probabilità di non ripagarlo e le agenzie di valutazione (rating) saranno costrette a degradarne la credibilità con ulteriore aumento della spesa per interessi. La scala del debito italiano è tale da avere un impatto su tutto l'eurosistema, destabilizzandolo. Questa è la spirale che il governo Prodi ha imboccato.
Si può evitare? Certo, vendendo lentamente il patrimonio (300 miliardi alienabili) per ridurre il volume assoluto del debito, stimolare la crescita e ridurre la spesa inutile. Non c'è altro da fare.
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