A.A.A. terra vendesi in Argentina. E gli investitori internazionali comprano a mani basse, sempre più spesso e per estensioni sempre maggiori. Il risultato: circa il 10% del territorio del Paese sudamericano, vale a dire 300mila chilometri quadrati, è in mano a proprietari stranieri. Una superficie equivalente a quella dellItalia ma che impallidisce se la si paragona a quella totale dellArgentina, con i suoi 2.780.000 chilometri quadrati dalla Terra del Fuoco al confine con la Bolivia.
Il sempre maggior peso degli acquirenti stranieri è comunque diventato oggetto di dibattito sui giornali di Buenos Aires e di articoli sulla stampa internazionale. Un libro, Patagonia vendida, di Gonzalo Sanchez, ha concentrato lattenzione sul triangolo meridionale del Paese, mentre sia a livello nazionale sia a livello locale, sono state presentate (con scarso successo) numerose proposte per regolamentare le compravendite in cui gli acquirenti non siano cittadini argentini. La chiesa da parte sua è intervenuta con un documento, Una Tierra para todos, che ha inserito il fenomeno in un problema più ampio: quello della concentrazione della proprietà terriera e della necessità di sostenere le piccole comunità, soprattutto indigene.
Non tutti i proprietari stranieri sono stati coinvolti nella polemica. Da qualche tempo sembrano ormai sopite le discussioni sulla presenza dei Benetton. Con terreni per complessivi 10mila chilometri quadrati (lequivalente delle province di Treviso, Venezia, Padova e Vicenza messe insieme) la famiglia dei maglioncini è il primo proprietario straniero del Paese. E fino al 2005 è stata anche al centro di una aspra querelle con i locali indigeni Mapuche, che accusavano gli italiani di aver espropriato antiche comunità e di aver messo in difficoltà i villaggi che vivevano ai margini o allinterno delle proprietà. La vicenda culminò con una campagna internazionale di mobilitazione e una lettera aperta del premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel. Per porre termine a un caso che rischiava di causare rilevanti danni di immagine, intervenne Luciano Benetton con una donazione di 7.500 ettari destinati alle comunita rurali indigene.
Più di recente nellocchio del ciclone sono finiti gli acquisti di ricchi miliardari americani e inglesi. Tra di loro ci sono lex numero uno della Cnn Ted Turner e il proprietario della squadra calcistica londinese del Tottenham Joseph Lewis (tra gli uomini più ricchi del Regno Unito). A distinguersi è stato però soprattutto lamericano Douglas Tompkins, arricchitosi tra laltro grazie ai marchi di abbigliamento da trekking Esprit e Patagonia. Tompkins, attraverso la sua fondazione Patagonia Land trust, ha comprato enormi estensioni di terra in Cile e Argentina (solo in questultimo Paese circa 4.500 chilometri quadrati) per donarle allo Stato purché questi le vincolasse a riserva naturale. Buone intenzioni, allapparenza. Ma le resistenze non sono mancate. Soprattutto da parte delle comunità locali, che si sono viste di fatto espropriare ogni decisione circa il futuro sviluppo economico delle zone in cui vivono.
Quanto ai Benetton non sono i primi italiani a puntare sulle estancias argentine. Ai tempi del suo massimo fulgore il vecchio Serafino Ferruzzi schierava un milione di ettari in Italia, Stati Uniti e Sudamerica (ma gran parte erano proprio in Argentina). Più di recente la figlia Alessandra, con il marito Carlo Sama, è tornata a puntare sul Paese sudamericano. Attraverso la Fersam, una holding con sede in Lussemburgo e uffici a Montecarlo, controlla 36mila ettari, producendo soia, cereali e allevando pregiate mucche Hereford. Nella provincia di Mendoza, ai piedi delle Ande, una zona considerata ottima per la vite, si sono affacciate alcune famiglie attive nel settore vitivinicolo.
I Benetton, invece sono sbarcati nel 1991, acquisendo una società, Compañia de Tierras Sud Argentino, fondata nel 1889 da alcune famiglie inglesi e poi, nel 1975, passata in mani locali. Nelle proprietà sparse qua e là per il Paese (dalla provincia di Buenos Aires a quella di Santa Cruz, a un passo dalla Terra del Fuoco) le pecore allevate sono 280mila. Sono loro a fornire circa il 20% della lana utilizzata dal gruppo italiano. A occuparsi degli investimenti agricoli (cè anche la tenuta di Maccarese) è il più giovane dei fratelli, Carlo, classe 1943. Che non ha mai nascosto di avere per lArgentina una passione particolare: «In Patagonia mi è capitato di camminare per ore, di guardare la montagna di fronte e pensare che era nostra. Dietro unaltra fila di monti.
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