Il deejay dall’animo liberale che spopola nella radio rossa

«Ma che fai, vai ospite dai comunisti?», mi disse un informato amico quando seppe che stavo andando a Radio Rock, io di radio non ne capisco niente e comunque ho fatto spallucce, tanto, obbligato dal mio editore Newton Compton, le ho girate tutte, una più una meno cosa cambia: sono stato trattato come un signorino da Signorini su Radio Monte Carlo, messo in croce da Cruciani su Radio 24, pregato di non attaccare il Vaticano da Gianluca Nicoletti nella sua Melog, mi sono trascinato alle cinque del mattino da John Vignola su Radio Due, sono finito perfino su Radio Amore e Radio Arancia dove conduce Sergio Volpini, che non sapevo chi fosse finché un autore mi ha sussurrato sottovoce se mi ricordassi di «ottusangolo» del Grande Fratello, e certo che sì, poteva dirmelo prima. Quindi figuriamoci se rinunciavo alla radio comunista, e sono approdato in taxi nella radio comunista, installata in una ex fabbrica di bisturi, convinto di trovarvi dei talebani e che mi avrebbero sgozzato. Invece ho scoperto l'America nella periferia romana, quartiere Portonaccio, non un deejay qualsiasi ma un intellettuale d'avanguardia che ogni mattina, solo nel Lazio, fa centomila ascoltatori, ma basta andare su www.radiorockroma.it e via streaming lo prendete ovunque. Emilio Pappagallo, trentaquattrenne, conduce da otto anni la sua trasmissione di due ore e mezzo, e non è un deejay, piuttosto un artista libertario nella radio dei comunisti, contestato ogni giorno dai suoi ascoltatori che, nonostante tutto, non possono più fare a meno di ascoltarlo. Emilio Pappagallo abbatte ogni cliché, la sua è un'antiradio, un'isola felice senza un'idea di felicità e al di là del bene e del male, un'avanguardia assoluta nella noia delle radio, un abbattimento quotidiano dei luoghi comuni e dei luogocomunismi, il rovescio dei radicalchic, più in generale il rovescio di qualsiasi medaglia di banalità, è l'ultimo filosofo. È capace, Pappagallo, con la sua voce gentile, di impostare una puntata intera, scatenando accese discussioni, lì nella radio dei comunisti, contro la moda ecologista di andare in bicicletta, contro la mania del complottismo e delle dietrologie («Moro lo hanno ucciso le Br, punto»), contro ogni giustizialismo e moralismo, contro ogni ipocrisia linguistica dicendo «negro» e «frocio» e «handicappato», a favore del Ponte di Messina, della Tav, delle basi americane a Vicenza, Verona, Venezia, Vibo Valenzia, dell'esportazione della democrazia nel mondo e dell'invasione dell'Iraq, vorrebbe rovesciare ogni dittatura e bombardare la Corea del Nord («dove c'è quel coglione, come si chiama... King Kong II»), contro il pacifismo e contro gli stupidi chiamati stupidi in diretta e contro il Vaticano e contro i vegetariani, contro il freddo e contro il caldo e a favore di ogni lusso, e se gli scrivono in diretta per dirgli che non ascolteranno più la sua radio, lui risponde «Sticazzi, è statisticamente provato che per ogni ascoltatore idiota come te che perdo ne acquisto tre buoni, minimo». Se un ascoltatore protesta per una canzone sgradita e gli scrive «Che musica di merda, allora già che ci sei metti la marcia di Radetzky» lui ribatte «Hai ragione, non ci avevo pensato» e per dispetto ti mette due minuti di marcia di Radetzky. Se un ascoltatore gli chiede una canzone e Pappagallo non ce l'ha, lo invita a chiamare e a cantarla.
Una mattina ha mandato decine di ascoltatori a donare il sangue, e un altro giorno ne ha mandati un centinaio in via Baffi, «semplicemente perché mi piaceva il nome». È capace di incentrare una puntata su qualsiasi cosa, sullo smalto per le unghie, sulla giusta o sbagliata depilazione inguinale, sulle tette grosse o sulle tette piccole o contro le tette o a favore dell'uso del topless ovunque. Se gli scrivi, come il sottoscritto, proponendo un manifesto a favore del «bottomless» perché la discussione sul topless la ritieni superata, lui ci fonda un manifesto e sviscera l'argomento e l'oggetto fino in fondo, benché un giorno abbia subito l'invasione di un gruppo di femministe che, come in un film degli anni Settanta, lo hanno obbligato a leggere un loro comunicato in diretta. Malgrado gli abbiano dato del fascista, del comunista, del democristiano, del radicale, del nazista, del maschilista, Pappagallo è talmente liberale da permettermi di esternare pubblicamente i miei desideri sessuali su sua moglie, la bellissima Roberta Zaino, se lo facessi con Fini mi querelerebbe, e talmente liberale che il venerdì porta avanti un dibattito con il sovietico Boris Sollazzo, bravissimo critico cinematografico di Liberazione, ed è un sollazzo ascoltarli, molto meglio di Pannella e Bordin, e a differenza di Radio Radicale si capisce tutto, o quasi, perché se non lo seguite non saprete mai, per esempio, che ogni volta che Emilio dice «topazio» significa «pompino», un gioco scaturito dalla sua crociata contro il politicamente corretto.

Io sono diventato drogato di Pappagallo, senza Pappagallo il risveglio mi sembra vuoto e triste, mi sintonizzo ogni mattina e spesso mi collego direttamente con lui, non uso il numero ufficiale per mandare sms né l'account Skype della radio, Pappagallo ha capito che sono troppo snob per usare i canali comuni e abbiamo istituito una linea speciale tramite il programma di chat Whatsapp per Iphone, dove per esempio gli invio recensioni di alluci di donne che ricevo su Facebook, e io esprimo il mio verdetto da esperto allucinato mandandolo a Emilio, perché Pappagallo ormai è un mio parente stretto nella radio comunista. Il suo sogno? Intervistare Vittorio Feltri. Insomma, fate come me, perché alla fine, ascoltandolo, anche se doveste ripetere le cose a pappagallo, sarete in ogni caso degli uomini migliori.

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