Cultura e Spettacoli

DELITTI D’ITALIA Una geografia del male

«Città in nero» raccoglie nove storie criminali scritte da nove autori. Una mappa fantasiosa col sapore della cronaca

Se nel giallo vecchia maniera il milieu serve solo da sfondo, nel noir il ruolo della società diventa così influente da sfiorare la correità. «L’assassino è il Nord-Est», titolava tempo fa un quotidiano recensendo un libro di Carlotto. È dunque con moto naturale che Guanda manda nelle librerie Città in nero. Nove storie italiane (pagg. 304, euro 15). Nove storie che adombrano una sorta di mappa nazionale della malvagità. Perché il bene, si sa, è lo stesso ovunque; ma se il male è legione, e pare che lo sia, avrà un sapore diverso a Roma e a Milano, a Bologna e a Palermo. Delineare una «geografia del male», ecco un progetto rischioso. Perché si rischia di cadere negli stereotipi. Un po’ come se le Poste emettessero una serie di francobolli intitolata «Criminali delle regioni d’Italia». Con il rapitore sardo, il taglieggiatore campano, il motoscafista pugliese. Stavolta è andata bene, gli autori non hanno esagerato con i cliché. Se poi siano riusciti anche a fotografare delittuosità intrinseche al territorio ed altri endemismi criminali, giudicherà il lettore.
Nella Milano di Gianni Biondillo la vittima è una prostituta au grand coeur, uccisa da chi non si può dire, ma la perversità contagia le forze dell’ordine a tal punto che se lo Stato decidesse di pagare i malviventi affinché catturino i poliziotti, nessuno si accorgerebbe della differenza.
A Palermo secondo Christine von Borries il cattivo è in primo luogo un giovanotto ubriaco che ha chiesto il macchinone al papà anche se non ha la patente. Inevitabile che zigzagando tra le baracche della favela siciliana metta sotto le ruote due bambini poveri, invitati dalla madre prostituta a fare due passi fuori casa visto che un cliente sta per bussare alla porta. Soccorsi da un prete molto Graham Greene, si salveranno prima rifugiandosi in una chiesa, come nel Medioevo, e poi, con un gesto di grande pregnanza simbolica, incendiando un ulivo. Per completare il quadro sudamericano mancano solo due o tre cani randagi intenti a dilaniare la carcassa di un cavallo, ma possiamo sempre sopperire con l’immaginazione.
Nella Prato di Emiliano Gucci, invasa dai cinesi, un mite omosessuale si ostina a non voler vendere il proprio appartamento al popolo giallo. Un giorno gli attriti con gli italiani si trasformano in una miscela esplosiva. Conseguenza: il poveretto si ritrova in una macelleria cinese, sotto l’eco sorda dei colpi di una mannaia che forse affetta dei cadaveri umani.
Unde malum? Da dove viene, il male? Nella Padova di Massimo Carlotto per cominciare da un ex-terrorista rosso che appena uscito di galera può finalmente vendicarsi di un ex-terrorista nero. Riesce nell’impresa, ma poi cade vittima degli ex-compagni di lotta ormai diventati dei buoni borghesi, vale a dire dei perfetti candidati all’ergastolo. Totale: l’ex-terrorista rosso fa due morti, l’ex-terrorista nero nessun morto, la buona borghesia del Nord-Est un morto. Niente domande, per favore, Carlotto è fatto così.
A Roma Teresa Ciabatti è andata a cercare la monnezza in una famiglia benestante che vive all’Olgiata, in una villa di cinquecento metri quadrati. Due enfants terribles capaci di parolacce irriferibili e dotati di uno sterminato potere di ricatto sono tenuti a bada con difficoltà dai genitori, dalla governante e dal nonno. Squilla il campanello, chi sarà mai? È il postino, consegna una bolletta del telefono milionaria. La mamma teme che il pedofilo domestico sia il marito, ma se invece fosse stato il suocero? La bambina, entusiasta, annuisce: sì, è stato il nonno! Se l’imbeccata avesse riguardato la Pantera Rosa, avrebbe reagito allo stesso modo.
Nel racconto di Fois un giovane disoccupato sardo si arruola per l’Irak allo scopo di suicidarsi su una mina. Ma alle spalle ha un duplice omicidio, conseguenza di una delusione d’amore a sua volta conseguenza di una grave forma di dappocaggine. Vive infatti con la madre, non ha un lavoro, non si è mai allontanato dal cortile di casa e così via. Preveniamo subito la possibile obiezione: sì, il viaggio in Medio Oriente era indispensabile. Non è facile procurarsi una mina in Sardegna: l’Anonima Sequestri non tratta l’articolo ed è fuori discussione anche ordinarne una via Internet, visto che il giovane pluriomicida non possiede carta di credito.
Nel fumettone di Morozzi («Tra un quarto d’ora, senza l’antidoto, morirà tra orribili dolori») la società, si fa per dire, è quella che affolla una discoteca della Bassa bolognese. Una bella rossa, un sicario donna che si autodefinisce l’Eliminatore, vi si reca allo scopo di uccidere un vecchio imprenditore che anni addietro ha stuprato la sua segretaria, non ha riconosciuto il bambino nato dallo stupro e infine per togliersi il pensiero ha dato fuoco all’abitazione della traviata. Perché nella Bassa bolognese l’adulterio uccide, e i killer, tra una frase a effetto e l’altra, scaricano le loro armi hi-tech su uomini e donne estratti di peso da un romanzo verista.
Concludiamo accennando ai racconti di Enzo Fileno Carabba e di Marco Vichi, che ci sono sembrati i più riusciti. Nel primo, ambientato a Firenze, una famiglia sbucata dalla periferia prova a vendicarsi di due anziane signore, poco zitelle landolfiane e pochissimo sorelle Materassi, che vivono in centro. Nel secondo, altrettanto fiorentino, Marco Vichi ci riporta all’ultimo conflitto mondiale. Un gioielliere ebreo nasconde il suo tesoro in una bara. Un traditore lo denuncia ai tedeschi e ruba l’oro.
E siamo a nove. Adesso la domanda da porsi, tra un tuffo e un gelato, è la seguente: avete riconosciuto qualcuno dei vostri compaesani? In caso di risposta negativa se ne concluderà che scrivere un noir è diventato difficile, che la mondializzazione ha travolto anche la malavita e che di criminali vernacolari non c’è più traccia, a parte un paio di briganti messi lì dalle pro loco.

Introvabili né più né meno delle ciliegie di prima della guerra.

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