Delitto di Roma, la pista dei killer stranieri

RomaSono andati a colpo sicuro. Sapevano che mercoledì sera Zhou Zheng non aveva con sè soltanto l’incasso del bar di famiglia, i tremila euro che teneva in tasca, ma anche i soldi della sua attività di money transfer. Circa sedicimila euro che il commerciante e la moglie Liyan Zen hanno cercato di difendere anche a rischio di mettere in pericolo la vita della figlia, Joy, appena nove mesi, che il papà teneva in braccio, e che è morta con lui trafitta dallo stesso proiettile. Liyan, che solo ieri ha saputo la verità sul marito e la figlia, ha raccontato che gli assassini parlavano italiano, ma che dall’accento potrebbero essere dell’est-Europa. Ma anche lei non parla bene la nostra lingua e potrebbe non essere in grado di distinguere la nazionalità dalla pronuncia di poche parole. Proprio sull’enorme giro di denaro che si muoveva intorno al secondo lavoro della vittima si concentrano le indagini. Soldi che Zhou e la moglie raccoglievano dai loro connazionali nel bar di via Casilina per trasferirlo all’estero attraverso l’agenzia di mooney transfer con la quale collaboravano. Quando è stata ascolta la prima volta la donna aveva nascosto agli inquirenti che nella borsa sottratta dai due killer ci fosse tanto contante. Forse perché non sapeva come giustificarne la provenienza. Quando la sacca è stata ritrovata dai carabinieri, che l’hanno localizzata seguendo le tracce del telefonino di Liyan, l’orientale ha dovuto spiegare e ammettere di aver mentito. Per paura. Perché quei soldi erano di altri, di gente della comunità cinese di Torpignattara che glieli aveva affidati perché li inviassero in Cina non essendo loro in condizione di effettuare una regolare transazione. Soldi irregolari, probabilmente, se non addirittura «sporchi». Un lavoro non del tutto trasparente, insomma, quello di Zhou e Liyan, anche se la donna ha raccontato agli investigatori di non aver mai pensato di fare qualcosa di illegale. Il giro di denaro era molto ingente, migliaia di euro che passavano quotidianamente dalle loro mani per essere versate al money transfer da questa coppia di collettori clandestini che pare si fosse guadagnata la fiducia di molti nella zona ma che potrebbe anche aver attirato l’attenzione di chi non vedeva di buon occhio il loro volume d’affari. Gli investigatori non escludono che qualcuno sapesse che mercoledì sera i due avrebbero trasportato una cifra importante e abbia soffiato l’informazione a malviventi pronti a tutto. In questi giorni la comunità cinese è stata messa sotto sopra, sono stati disposti anche accertamenti patrimoniali sugli stranieri che erano soliti affidare i propri guadagni alla coppia per verificarne la provenienza e indagini sono in corso sulle minacce che Liyan ha raccontato di aver ricevuto tempo fa da alcuni napoletani per una questione di videopoker. Perché, anche se l’ipotesi prevalente rimane quella della rapina finita male, gli investigatori continuano a seguire anche altre piste, prima tra tutte quella del regolamento di conti, di uno sgarbo maturato in un ambiente intorno al quale si muovono enormi quantità di denaro e in cui si intrecciano interessi diversi. Come farebbe pensare la strana modalità di ritrovamento del denaro, nascosto in un casolare. Perché disfarsene, peraltro in modo così maldestro, soprattutto dopo aver ammazzato due persone per impossessarsene? L’unica spiegazione plausibile è che i killer volessero far calmare un po’ le acque per poi tornare a riprenderlo.

Si aspettano gli esiti degli accertamenti del Ris sui reperti sequestrati e si cerca di riordinare i tasselli delle rivelazioni di Liyan, che rimane l’unica testimione, depositaria di informazioni importanti. Che forse non ha ancora finito di rivelare.

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