«Delusi da Fini, ostacola la lotta agli sprechi»

RomaOnorevole Rita Bernardini, la delegazione radicale ha votato contro il bilancio della Camera. Per quale motivo?
«Lo abbiamo trovato reticente e omertoso sul fronte della trasparenza e della possibilità di conoscenza da parte dei cittadini. Per noi risultava impossibile votarlo perché non diceva la verità».
Avete presentato diversi ordini del giorno per ovviare a questo difetto. Qual è stato il risultato?
«Direi del tutto insoddisfacente. Abbiamo provato a rendere obbligatoria la pubblicazione sul sito della Camera delle dichiarazioni dei redditi degli eletti. E lo stesso abbiamo chiesto per i contributi elargiti a partiti e candidati. Ma entrambi gli ordini del giorno sono stati dichiarati inammissibili».
Avete qualcosa da rimproverare a Fini?
«Sul bilancio della Camera Fini ha fatto di tutto e di più. Ha adottato un atteggiamento restrittivo sugli ordini del giorno. Ha imposto che non potessero "impegnare" la Camera ma solo "invitare". Non ha acconsentito alla presentazione di emendamenti al bilancio, un’innovazione risalente allo scorso anno. A inizio legislatura avevo molto apprezzato alcune sue iniziative per la trasparenza. Non ce l’ho con lui, ma oggi sono delusa».
Ritiene che la Camera abbia fatto un passo indietro nel rapporto con gli eletti?
«Sì, abbiamo chiuso porte invece di aprirle. Con il nuovo regolamento di amministrazione e contabilità è stata abolita la contabilità analitica e sarà sempre più difficile individuare le liste di fornitori e distinguere i centri di spesa».
Alzate bandiera bianca?
«No, i contributi ai partiti li pubblicheremo noi sul sito di Radicali Italiani dove tutta la nostra attività è assolutamente trasparente, compreso quanto paghiamo i collaboratori. E poi a forza di rompere le scatole abbiamo ottenuto ad esempio che i 258mila euro di dotazione concessa al segretario generale della Camera senza rendicontazione siano stati ridotti a 100mila con rendicontazione. Quello è il punto fondamentale: vogliamo che tutto sia rendicontato, senza zone d’ombra».
Ma è vero, come è stato sostenuto in Aula, che i parlamentari italiani hanno stipendi in linea con la media europea?
«Mi sembra una tesi un po’ forte. Bisogna considerare le voci accessorie, i rimborsi spese, l’assegno di fine mandato, la pensione. Il raffronto è complicato».
Ma lei sarebbe disponibile a mostrare la sua busta paga?
«Certo, ma sarebbe ingannevole perché le varie voci finiscono solo in parte in busta paga».
Ma quanto guadagna davvero un parlamentare?
«L’indennità base mensile netta è di circa 5.500 euro. Ma è importante capire che questa cifra è al netto di tante ritenute che ci vengono ampiamente restituite attraverso l’assistenza sanitaria, il trattamento di fine mandato e il vitalizio. Questa retribuzione poi può aumentare in base alle indennità di carica. A questa cifra va aggiunta la diaria di 3.500 euro mensili; il rimborso di 3.700 euro per le spese inerenti al rapporto con gli elettori. C’è poi un rimborso trimestrale tra i 3.200 e i 4.000 euro per i trasferimenti verso gli aeroporti. E ancora: una somma annua di 3.100 euro per le spese telefoniche».
Si viaggia, insomma, attorno ai 14mila euro.

Ma al di là della cifra non sarebbe opportuno riunire queste voci in una sola, rendendo la vostra retribuzione interamente tassabile?
«Sono assolutamente d’accordo. Sarebbe una delle tante cose da fare per riavvicinare gli eletti ai normali cittadini e favorire la trasparenza dell’istituzione».

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