nostro inviato a Rimini
La marea verde degli addetti ai lavori al Meeting di Rimini gorgoglia e si fa rossa. Di rabbia. La pancia di Comunione e liberazione mal digerisce le recenti uscite del presidente della Camera Gianfranco Fini, in materia di biotestamento. Giuseppina, Andrea, Chiara ed Emanuele, ancorati all'anonimato, veleggiano però col vento in poppa quando si tratta di attaccare lex leader del Msi: «Svolta laicista? Macché, soltanto lennesima capriola. A quando la prossima?».
Si sentono traditi i giovani cattolici che certo non dimenticano il vecchio motto che ardeva sotto la fiamma, seppure molti di loro non fossero ancora nati: «Ma lui non era il capo del partito del Dio, Patria, famiglia?». Latteggiamento del popolo di Cl sulle nuove posizioni di Fini oscilla tra l'ira («Gran bel voltagabbana») e lindolenza («Non mi cruccio di lui ma guardo e passo»). Tra i saloni del Meeting si commenta un Fini lontano, distante, diverso da quello che proprio qui, nel 2005, in qualità di ministro degli Esteri venne sommerso dagli applausi. Questanno Fini ha scelto unaltra platea e un altro tipo di battimani. Ha preferito gli elogi e le ovazioni dei piddini in quel di Genova per sciorinare il suo «Non ho il dono della fede» e «Farò di tutto per correggere la legge sul biotestamento perché sul fine vita spetta al Parlamento decidere e non alla Chiesa». E giù encomi dagli ex comunisti.
«Ecco, ha detto quelle cose perché si trovava lì. A lui piace essere applaudito», azzarda Marco, studente della Cattolica di Milano. «Macché - ribatte Roberta - ha proprio cambiato idea. Forse il fatto che ha rivoluzionato la sua vita, che ha lasciato la moglie, che ha una nuova compagna, forse nuovi amici». Giustificato quindi? Tuttaltro, anzi: «Mi fa un po' pena. Se le ragioni della sua svolta a U sono dettate da questioni personali siamo messi male. Un politico deve pensare al bene comune, a prescindere dai suoi tortuosi percorsi di vita».
Si riesumano gli zig-zag dellex presidente di An: «Un tempo parlava in modo diverso. Era lui o no a dire che la convivenza non può essere equiparata alla famiglia naturale? Era lui o no a contrastare la fecondazione assistita? Era lui o no a partecipare alla Giornata per la vita della Cei?». Il mondo di Cl non sinterroga più di tanto sulla molla delle capovolte di Fini. Il presidente dellAssociazione Italiana Sclerosi Laterale Amiotrofica, Mario Melazzini, è amareggiato: «Sì, sono rimasto un po meravigliato dalle posizioni di Fini. Non do giudizi ma mi sembra che voglia conquistare le simpatie di una certa platea». Il poeta e scrittore Davide Rondoni la butta là: «Mi preoccupano un po le dichiarazioni di Fini. Sono frutto di una scelta ponderata o è soltanto convenienza? Mi sembra che voglia dare voce e ruolo a una cultura di tipo illuministica e borghese. Lo vedo sempre più vicino a Scalfari». Minimizza Maurizio Lupi: «Le sue posizioni non mi sorprendono e le rispetto. Ma sbaglia a considerarle il massimo della laicità. Il Pdl è e resta un partito laico e la sua posizione, nel partito, è minoritaria. Lo ha ammesso anche lui al congresso fondativo del Pdl». Neppure Mario Mauro, presidente degli eurodeputati del Pdl, ciellino doc, si addentra nei «perché» del presidente della Camera: «Si ritrova con molti punti interrogativi che chiamano in causa la coscienza ma non mi stupisco più di tanto che cambi idea. Il problema vero è andare a vedere di cosa ha bisogno la persona umana». Di fatto, Fini non pare aver centrato il problema. Per Mauro: «Le ragioni della Chiesa non vanno accettate perché vengono dalla Chiesa. Bisogna soltanto vedere se sono valide oppure no. Secondo me sì. Secondo Fini?». Il sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella, azzarda una stilettata sui temi del biotestamento e non solo: «Non si può ricondurre il tutto a una questione di diritti individuali. Il diritto a morire non esiste».
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