Denunciò pestaggio in cella: morto Per i medici lo ha ucciso il cancro

RomaL’esito dell’autopsia non scioglie i dubbi sulla morte di Uzoma Emeka, il detenuto nigeriano di 32 anni deceduto al pronto soccorso dell’ospedale Mazzini di Teramo venerdì scorso. Emeka era stato testimone del pestaggio di un detenuto italiano avvenuto il 22 settembre nel carcere di Castrogno. A rivelarlo è stata la registrazione di una conversazione tra il comandante delle guardie carcerarie, Giuseppe Luzi, ed un suo sottoposto, finita non si sa come nella redazione di un giornale locale e subito rimbalzata su internet.
«Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto. Un detenuto non si massacra in sezione, si massacra sotto...», dice il capo delle guardie esprimendo il timore che «il negro» avesse visto e potesse parlare. Ora Luzi, a novembre sospeso dall’incarico, è sotto inchiesta assieme a quattro agenti di polizia penitenziaria e al detenuto vittima del pestaggio (perché, secondo gli agenti, sarebbe lui l’aggressore). Il nigeriano, invece, che ai magistrati, forse per paura di ritorsioni, non aveva mai voluto parlare di quanto accaduto dietro le sbarre, è morto in circostanze misteriose, dimenticato in un’infermeria dove forse sarebbe potuto arrivare prima, e non potrà più raccontare a nessuno quanto visto. Sulla sua morte la Procura di Teramo ha aperto un fascicolo. Per chiarire ogni aspetto. E per evitare facili accostamenti al caso Cucchi, il detenuto romano morto in ospedale una settimana dopo il suo arresto per droga e, come sospettano i magistrati, dopo essere stato picchiato dagli agenti e non curato in modo adeguato dai medici che si sono occupati di lui. L’autopsia ha stabilito che Uzoma è stato ucciso da una formazione maligna al cervello: un’ernia cerebrale avrebbe esercitato una compressione fatale. Morte naturale, dunque. Una diagnosi che per Luigi Manconi, presidente dell’associazione «A Buon diritto», confermerebbe lo stato di «abbandono terapeutico nel quale versava Uzoma e nel quale versa l’intero sistema penitenziario italiano». Manconi denuncia infatti che 48 ore prima del malore che lo ha portato al ricovero in ospedale - dopo oltre cinque ore di attesa in carcere - il detenuto si era già sentito male: «Dunque i segnali di una condizione particolarmente compromessa di un soggetto tossicodipendente e depresso erano già tutti riconoscibili. Ma il carcere di Teramo è sotto tutti i profili un autentico disastro. Mi auguro che il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che da settimane non risponde alle interrogazioni del deputato Rita Bernardini, trovi finalmente il tempo per fornire qualche spiegazione». Chiarimenti che ha chiesto in un’altra interrogazione al Guardasigilli anche il senatore Francesco Ferrante, del Pd. «La morte di Uzoma - osserva Ferrante - assume toni ancora più misteriosi e drammatici perché si tratta del famoso “negro che aveva visto tutto”, testimone di un pestaggio in carcere la cui registrazione finita su internet aveva fatto scoppiare un caso che aveva portato alla sospensione del comandante delle guardie». Dopo il pestaggio la Bernardini aveva compiuto una visita all’istituto di detenzione di Teramo, «un carcere senza direttore - spiega - dove sono stipati 400 detenuti in spazi che potrebbero contenerne 230, dove gli agenti in servizio sono solo 155 a fronte di una pianta organica che ne prevede 203 e dove il 50 per cento dei reclusi è malato». L’associazione per i diritti dei detenuti Antigone ritiene che Uzoma andasse trasferito in un altro istituto.

Secondo il suo presidente, Patrizio Gonnella, la mancanza di protezione istituzionale per i testimoni di violenze in carcere da parte della polizia «è complice della stessa omertà e mancanza di trasparenza cui abbiamo tristemente assistito nel caso di Stefano Cucchi».

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