Cè una questione urgente che prevale su tutte le contingenze nostrane: lItalia non può dare il segnale (geo)politico di tradire gli iracheni che stanno costruendo una democrazia. Penso che occorra fare tutto il possibile affinché lItalia mantenga il proprio impegno di nazione democratizzante.
Noi non siamo, con tutto il rispetto, la Spagna e non possiamo permetterci la leggerezza di determinare importanti scelte di politica estera in base a esigenze di politica interna. LItalia è fondatrice originaria dellUnione Europea. È al centro del Mediterraneo, pilastro e risorsa di prima linea della Nato. È ago della bilancia, di rilevanza inferiore solo alla Germania, per spostare lEuropa intera sullasse atlantico od eurasiatico. In sintesi, Roma è una delle quattro capitali con Washington, Londra e Berlino - che formano il nucleo dellOccidente, considerando Parigi un partner esterno ed anomalo di questo. Per questo si può dire: dove va Roma va lOccidente. Non al punto da modificare lazione ordinatrice e democratizzante globale guidata da Washington. Ma certamente Roma ha il potere di facilitare o rendere molto più difficile liniziativa occidentale.
In sintesi, lItalia, così come lAmerica ed il Regno Unito, non può cambiare sostanzialmente politica estera quando cambia maggioranza politica. Non lo ha fatto nemmeno la Germania socialdemocratica, nel momento peggiore della suggestione eurasiatica (20022004) aiutando nei fatti gli Alleati in Irak pur nascondendolo sul piano formale. Questo è il punto. DAlema è perfettamente consapevole dellenorme responsabilità che ha nelle sue mani, se non altro perché si avvale dei consigli di Marta Dassù, analista dei migliori in materia di scenari geopolitici. E penso che cerchi disperatamente un modo per garantire una continuità alla politica estera italiana minacciata sia dallatteggiamento ricattatorio dellestrema sinistra sia dallinconsistenza di Prodi.
Il problema tecnico è che tale continuità non può essere passiva dopo gli eventi del 2001. E nel momento in cui deve essere attiva si scontra con i codici di identità di buona parte della sinistra: prima fra tutti il pacifismo idealista. Per questo temo che DAlema, nonostante la personale abilità, non riuscirà a sottrarsi alla fuga dalle responsabilità richiesta dalla sinistra estrema. Anche perchè non può contare su Prodi. Il premier ha mostrato chiaramente che non metterà a rischio il suo fragile governo per motivi di lealtà occidentale. E non ha interesse a farlo in quanto, disprezzato personalmente da Londra, Washington e Berlino, che ne hanno misurato le capacità ai tempi del suo sfortunato mandato alla Commissione europea, ha potuto trovare sostegno solo a Parigi. E la Francia ha interesse a ridurre linfluenza italiana in Occidente.
In tale situazione mi chiedo quale sia la giusta azione del centrodestra, pilastro interno delloccidentalismo. Berlusconi ha annunciato che questa volta la Casa delle libertà non andrà in soccorso della sinistra come fece nel caso della guerra contro Belgrado per il Kosovo.
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