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Una poltrona per tre

Non è detto che fare carriera significhi ottenere una poltrona, ma ci sono carriere che consistono nel collezionarle

Una poltrona per tre
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Gli italiani, è noto, sono un popolo di sedentari. Nel senso che adorano le poltrone. Non è detto che fare carriera significhi ottenerne una, ma ci sono carriere che consistono nel collezionarle. Rosario Andreozzi, ad esempio. Nato a Napoli (è un caso). Ragioniere (apposta). Dei Verdi-Sinistra (può capitare).

Fedele, come solo la sinistra sa esserlo, al principio democratico secondo cui la sovranità appartiene al popolo, che la esercita scegliendo i rappresentanti attraverso cariche elettive, l'Andreozzi - uno a cui avevano detto che non avrebbe trovato lavoro se passava tutto il giorno sul divano, così s'è alzato e si è seduto in poltrona ha voluto mettersi così tanto al servizio del Paese che di cariche se ne è prese tre. Già eletto consigliere comunale a Napoli, poi consigliere metropolitano, adesso è anche consigliere regionale. Tre ruoli, tre poltrone, tre indennità. Che non mollerà. «Non mi dimetto perché in questi anni abbiamo avviato un lavoro importante che va completato», ha detto. Immaginiamo che il lavoro da finire sia avere un seggio in Parlamento.

E questa è la parte tragica della storia; quella comica è che l'Andreozzi è rappresentante dei disoccupati di Scampia.

Più che un caso politico, un caso psichiatrico. Il triplice consigliere dovrebbe stare sul lettino, non sulla poltrona.

Divani e sofà, poltrone e babà, «Eia! Eia! Alalà!».

Come diceva il poeta, «Del divan non v'è certezza». Delle poltrone, abbastanza.

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